Giorgia Meloni chiede garanzie all’Ue per la difesa e ribadisce il no all’invio di truppe europee in Ucraina. 

La premier, in un breve punto stampa a margine dei lavori del Consiglio europeo straordinario, sintetizza la posizione di Roma sul tema degli armamenti, bocciando comunque l’uso dei fondi di coesione e chiedendo l’estensione dell’articolo 5 della Nato anche all’Ucraina. L’articolo prevede che un attacco armato contro uno Stato membro sia considerato un attacco diretto contro tutte le parti, impegnando ognuna ad assistere chi è attaccato – facendo ricorso, se necessario, all’impiego della forza armata. In pratica la tutela essenziale offerta dall’Alleanza atlantica ai suoi Stati membri – dal punto di vista russo, equivalente all’adesione.

In questo quadro Meloni rilancia l’impegno dell’Italia per un vertice Usa-Ue, anche se al momento non c’è nulla di concreto. Infine ribatte a Vladimir Putin sul parallelismo tra Macron e Napoleone: “In questo momento non serve rispondere, mi sembrano manifestazioni verso il proprio pubblico”.

Meloni al Consiglio europeo straordinario (reuters)

“Sul debito ci sono rischi ”, dice Meloni: “Stiamo pensando a strumenti di garanzia su investimenti privati, sul modello di invest Eu”. 

Poi  ribadisce la linea già espressa al vertice informale di Londra: non c’è difesa europea senza un pieno coinvolgimento della Nato. Una posizione distante da quella di Emmanuel Macron a favore di un ombrello atomico europeo. Roma propone che tutti i fondi previsti siano destinati a spese ammissibili al calcolo in ambito Nato, così da rispondere anche alle richieste americane di potenziamento delle spese della difesa. 

La richiesta italiana è che la commissione stabilisca un meccanismo di rendicontazione obiettivo, omogeneo e trasparente di questo tipo di spese. Meloni è convinta che il piano europeo, per essere più accettabile dall’opinione pubblica, andrebbe legato a valori positivi come gli investimenti per la cybersicurezza, per le infrastrutture, per la ricerca e lo sviluppo. In questa logica considera non adatta la parola “riarmo”. 

Sul fronte finanziario, l’Italia accoglie favorevolmente la proposta tedesca di una revisione organica del patto di Stabilità che, a giudizio di Roma, non dovrebbe fermarsi alle materie della difesa, ma comprendere anche altri beni pubblici europei a partire dalla competitività. 

La discussione in Italia

Intanto, il piano Rearm Europe continua a scuotere la maggioranza allargando il solco che divide la Lega da Forza Italia. Le scintille tra Giancarlo Giorgetti e Antonio Tajani non possono aver fatto piacere alla premier Giorgia Meloni, impegnata a trovare uno spazio di mediazione per ravvicinare l’Europa agli Usa, tutelando soprattutto il ruolo della Nato dalle diffidenze di Parigi. Antonio Tajani ha ribadito che per Roma “è assolutamente impossibile pensare di garantire la sicurezza dell’Ucraina e dell’Europa senza un solido rapporto transatlantico e senza la Nato”. 

Sul fronte del debito, per evitare problemi di sostenibilità, Meloni ha proposto agli altri leader di discutere una garanzia europea per gli investimenti nel settore della difesa, sul modello del Invest Eu, ‘erede’ del vecchio piano Juncker. Era l’idea alla base del Fondo europeo per gli investimenti strategici, cioè quella di utilizzare risorse limitate dal bilancio dell’Ue per offrire garanzie alla Banca europea per gli investimenti. In questo modo, quest’ultima poteva approvare anche i progetti più rischiosi, che normalmente avrebbe rifiutato, incoraggiando così altri investitori a partecipare. 

Sarà Giancarlo Giorgetti a presentare una proposta in tal senso al prossimo Ecofin. 

Il riarmo europeo non divide solo il centrodestra ma agita le acque anche all’interno del Pd: Elly Schlein è tornata a criticare il progetto di Ursula von der Leyen: “Lavoreremo per cambiarlo. Siamo favorevoli a una difesa comune e contrari al riarmo dei 27 paesi”, ha ribadito, ricucendo di fatto con i Cinque stelle. Di parere opposto, invece, la vicepresidente del parlamento europeo, Pina Picierno secondo cui Rearm Europe rappresenta una “svolta storica”. Anche per la capogruppo S&D, Iratxe Perez Garcia quello di von der Leyen è “un buon piano”. 

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