Un giallo che sembrava senza fine ma forse vicino ad una svolta. Nelle 240 pagine della perizia medico-legale fatta sul corpo di Liliana Resinovich dall’anatomopatologa Cristina Cattaneo e da Vanin, Tambuzzi e Leone – quattro professionisti che hanno studiato a lungo carte documenti, e gli esiti degli esami clinici – emergono dettagli sulla morte di Liliana, ancora avvolta dal mistero.
La morte di Liliana Resinovich: afferrata alle spalle e soffocata avvolgendo collo con l’avambraccio
liliana resinovich con il marito (lapresse)

La riesumazione del cadavere di Liliana Resinovich, sul quale dovranno essere effettuati, a Milano, gli esami autoptici come disposto dalla magistratura, al cimitero Sant’Anna di Trieste, 13 febbraio 2024 (ansa)
Caso Liliana Resinovich, il luogo del ritrovamento (Ansa)
A una lettura più attenta emergono particolari che confermano quanto già si è diffuso nei giorni scorsi avvalorando da un lato l’idea che non potesse trattarsi di un suicidio e dall’altro gli interrogativi su come si sia potuto pensare a una forma di autolesionismo visti i visibili elementi che i quattro esperti hanno ordinato e classificato.
Omicidio Liliana Resinovich: incongruenze tra tabulati e la memoria del suo telefonino
Lesioni sul volto, e sulla mano: “Quattro poli d’urto diversi” (colpi)
A cominciare dal volto di Liliana: “Era attinto da lesioni non solo anteriormente, ma anche alla superficie laterale destra e sinistra. A seguire, poi, la mano destra”. Si parla complessivamente di “quattro poli d’urto (colpi) diversi”. La relazione, tanto per essere chiari, esclude “un evento accidentale come una caduta” perché “sarebbe necessario che questa fosse avvenuta in maniera rocambolesca, con un rotolamento o un movimento tale da fare urtare il volto più volte contro una superficie piana o ottusa”.
Giallo Liliana Resinovich: la svolta è vicina? Il punto
I quattro poli d’urto, inoltre, “hanno interessato differenti distretti corporei (testa e mano, nonché possibilmente anche altre sedi corporee), con anche più lesioni in un medesimo segmento corporeo, coinvolgendo differenti superfici”. Da un punto di vista tecnico, anche considerando soltanto quelle certe, relative “a diversi distretti del capo (fronte sinistra, temporale di destra, labbro di destra e mano destra)” le lesioni sono “da interpretarsi come differenti poli d’urto di una lesività a distribuzione polidistrettuale”.
Forse uccisa con il cosiddetto “chokehold”
Trova conferma anche la dinamica dell’omicidio: sarebbe stato un movimento di iperflessione o iperflessione combinata con forze di rotazione del segmento cervico-toracico”, il cosiddetto “chokehold” (shime-waza nel judo). Una manovra semplice e letale se effettuata energicamente. Anche qui la perizia è molto chiara: “Manovra di afferramento da tergo con incavo dell’avambraccio dell’aggressore che avvolge il collo”.
Combinazione tra movimento e forze “prospettabile in caso di soffocazione esterna diretta con afferramento e compressione almeno di una parte del volto, specie se inserita in un contesto di colluttazione o comunque di movimenti compiuti dalla donna nel tentativo di divincolarsi e di immobilizzare da parte dell’aggressore”. Nella minuta corporatura di Liliana questa manovra ha causato la “frattura perimortale alla faccetta articolare superiore sinistra della vertebra toracica T2”. Si tratta di una frattura con aspetto perimortale, cioè la lesione è stata prodotta quando l’osso manteneva ancora le sue proprietà elastiche e, dunque, in un momento poco prima o poco dopo il decesso.
Questi i risultati dell’attesa perizia. Ora, la domanda delle domande – se di omicidio di è trattato – e cioè “Chi” l’ha uccisa.
Liliana Resinovich (LaPresse)