La Procura di Milano, dopo due riunioni tra ieri e oggi e dopo l’acquisizione dei video che sono anche stati pubblicati dai media, ha deciso, al momento, di non modificare i capi di imputazione contestati nell’inchiesta sulla morte di Ramy Elgaml, tra cui l’omicidio stradale per cui sono indagati il carabiniere che guidava l’ultima macchina inseguitrice e l’amico del 19enne, Fares Bouzidi. Dopo le valutazioni sull’ipotesi di omicidio con dolo eventuale, la Procura guidata da Marcello Viola ha deciso di mantenere ferma la prima contestazione al momento, in attesa della conclusione degli accertamenti, tra cui la consulenza cinematica.
Ieri scontri a Torino tra collettivi studenteschi e forze dell’ordine: la rabbia dopo la diffusione delle immagini che documentano la morte del 19enne è cresciuta ora dopo ora fino a sfociare in momenti di tensione nel capoluogo piemontese.
Contro il commissariato di polizia Dora-Vanchiglia sono stata lanciate bombe- carta, mentre uova con vernice e petardi sono state scagliate contro la caserma di piazza Carlina al grido di “Assassini”.
Lacrimogeni sono stati utilizzati in piazza Carlo Emanuele II a Torino per disperdere i gruppi dopo che alcune transenne erano state lanciate contro i carabinieri, schierati a protezione del commissariato preso d’assalto. Le ostilità sono durate alcuni minuti, poi il corteo ha ripreso a sfilare dirigendosi prima in piazza Castello e poi in via Roma.
Al corteo, promosso dal collettivo Rebelot “per ricordare Ramy e per chiedere giustizia” hanno preso ieri parte anche la fidanzata e uno dei fratelli del ragazzo che hanno però chiesto calma: “Grazie per essere venuti tutti per mio fratello – ha detto – Voglio solo che sia una cosa tranquilla, senza casini e con tutto il rispetto, perché col casino non si risolve nulla”. Per i manifestanti “non erano necessari 8 chilometri di inseguimento, bastava prendere una targa, già sapevamo che quella moto è stata appositamente fatta schiantare”. Infine, un’altra manifestazione è stata annunciata per il prossimo sabato dal “coordinamento antirazzista”.
Intanto, il comandante dei carabinieri di Milano, Pierluigi Solazzo, ha espresso “tutto il cordoglio dell’Arma per quanto è successo, per la malaugurata scomparsa di Ramy”, evidenziando che il padre ha mostrato “grande senso di responsabilità e grande senso civico”. Il generale ha sottolineato, poi, che il video dell’inseguimento ripreso da una dash cam di una delle macchine è stato messo a disposizione dagli stessi militari e ciò “dimostra tutta la volontà di agire in trasparenza“.
Yehia Elgaml, padre di Ramy ha commentato le immagini che hanno scosso l’opinione pubblica: “Quelli che ho visto nel video, uno, due, tre, sono carabinieri sbagliati. Ma ci sono anche i Carabinieri veri. Non sono tutti uguali, e ho fiducia in quelli giusti”.
Ciò non esclude la rabbia, diretta conseguenza del più grande dolore che un genitore possa provare: quella della perdita di un figlio. “Negli ultimi trenta secondi di quel filmato terribile ho visto mio figlio morire per la seconda volta davanti ai miei occhi. Il motorino a terra, mio figlio su quel palo, schiacciato. Quel carabiniere non ha figli, non può avere figli…non può capire”.
“Quando ho visto quei filmati, la morte di Ramy in diretta, mi sono arrabbiato di più del giorno in cui è successo, non si può fare così con dei ragazzi, li hanno inseguiti per venti minuti, per otto chilometri. Il carabiniere che dice ‘bene’, quando gli dicono che sono caduti. Bene? Non va bene per niente”, aggiunge.
“Con un cane a terra si sarebbero fermati”, afferma infine Yehia Elgaml.
Nelle immagini riprese da un’auto dei carabinieri, agli atti degli inquirenti e trasmesse dal Tg3, si vede un primo impatto tra la gazzella dei militari e lo scooter sul quale ci sono due ragazzi: Ramy e il conducente Fares Bouzidi, 22enne tunisino. Dopo questo primo impatto, il mezzo a due ruote non cade. E nel servizio tv si sentono, in successione, diverse frasi choc dei carabinieri. Una prima (“vaff… non è caduto”), pronunciata dopo lo speronamento. Una seconda frase simile, nel corso dell’inseguimento: “Chiudilo, chiudilo… no, mer… non è caduto”. Infine la terza frase, alla fine della corsa tra le strade del centro di Milano.
I due ragazzi perdono il controllo del mezzo e a quel punto i carabinieri avvertono via radio che i due “sono caduti”, in via Quaranta. Agli atti degli inquirenti ci sono anche le immagini di due carabinieri che, dopo l’incidente, si avvicinano a un giovane sul marciapiede, che alza le mani in alto. Si tratta del testimone che ha detto di aver ripreso tutto, aggiungendo che i militari dell’Arma gli avrebbero intimato di cancellare il filmato.
I legali dei familiari di Ramy, gli avvocati Debora Piazza e Marco Romagnoli, hanno commentato a caldo le immagini inedite: a loro avviso si tratta di “omicidio volontario” e non stradale.
Due manifestazioni per chiedere ‘Giustizia per Ramy’
“Esiste una Milano antirazzista che chiede Verità e Giustizia per Ramy e Fares!” questo lo slogan con cui le varie realtà che aderiscono al ‘coordinamento antirazzista’ danno appuntamento per sabato 11 gennaio alle ore 17:30 in Piazza San Babila, a Milano. L’invito alla manifestazione è stato pubblicato sui social e hanno già aderito realtà come il centro sociale Cantiere e lo spazio mutuo soccorso, che precisano che saranno anche oggi in piazza per il corteo che partirà alle 18 da piazza XXIV maggio, lanciato dal collettivo Rebelot “per ricordare Ramy e per chiedere giustizia”.
“Sono settimane ormai che Milano è oggetto di una propaganda inutile sulla “sicurezza”: ma quale, ci chiediamo? Per noi scrivono gli organizzatori del corteo di stasera sui social – sicurezza è non venir uccisi dai carabinieri per un illecito amministrativo: non erano necessari 8 km di inseguimento, bastava prendere una targa”.
Dopo l’incidente, a novembre, il quartiere Corvetto ha vissuto notti di tensione, con atti di vandalismo compiuti da qualcuno che chiedeva giustizia per il giovane egiziano morto. “La presunzione di innocenza deve essere applicata anche ai carabinieri” aveva dichiarato il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, proprio commentando i fatti del 24 novembre.
Ex capo della polizia: “Inseguimento di Ramy non fatto in modo corretto”
“Se il tema è fermare una persona che sta scappando, non posso metterla in una condizione di pericolo”: l‘ex capo della polizia Franco Gabrielli, ora consulente alla Sicurezza del sindaco di Milano, intervistato a 24 Mattino su Radio 24 ha parlato dell’inseguimento in cui è deceduto lo scorso 24 novembre Ramy Elgaml spiegando che “è ovvio che quella non è la modalità corretta con cui si conduce un inseguimento perché c’è pur sempre una targa, un veicolo”.
“Esiste un principio fondamentale – ha spiegato – ed è quello della proporzionalità delle azioni che devono essere messe in campo per ottenere un determinato risultato: io posso addirittura utilizzare un’arma se è in pericolo una vita, ma se il tema è fermare una persona che sta scappando, non posso metterla in una condizione di pericolo. Questo è un elementare principio di civiltà giuridica”.
La vicenda, per cui sono indagati Fares Bouzidi, il ragazzo che guidava lo scooter su cui era anche Ramy, e alcuni carabinieri ha scatenato la polemica politica che Gabrielli, parlando anche di “eccessiva criminalizzazione degli operatori delle forze dell’ordine”, vorrebbe frenare.
“Non ci dividiamo – ha invitato – sempre da chi fa la difesa a prescindere, che ad esempio dal mio punto di vista è un atteggiamento pericoloso perché la difesa a prescindere introduce un elemento di senso di impunità, e dall’altra l’accusa a prescindere cioè la criminalizzazione a prescindere e il fatto che le forze di polizia siano sempre o debbano essere sempre sul banco degli imputati”.
Gasparri: “Difendo i carabinieri”
A difesa dell’arma dei carabinieri, dopo la diffusione dei video dell’inseguimento di Ramy che hanno mostrato quanto accaduto, scende in campo il presidente dei senatori di Forza Italia: “Voglio rinnovare lo sgomento per la morte di Ramy. Io ho visto le immagini che circolano in queste ore e ho visto anche quelle passate. Innanzitutto, la motocicletta ha girato contromano a una velocità estrema nel pieno centro di Milano e poteva causare una strage. Secondo poi, se Ramy e questo suo amico si fossero fermati ai controlli tutto questo non sarebbe successo. Lo hanno fatto per paura? Perché avevano qualcosa da nascondere?”, ha dichiarato Gasparri a Mattino Cinque.
“Rimane il fatto che si sono sottratti a una normale verifica di controllo, a cui tutti possiamo essere sottoposti -ha proseguito il senatore di Forza Italia-. Quindi io difendo, ancora oggi e ancora di più, quei carabinieri. Come difendo quel carabiniere che giorni fa a Verucchio ha impedito a un egiziano di continuare a fare una strage perché stava accoltellando i passanti ed il carabiniere ha dovuto sparare quando gli si è avvicinato troppo e stava per accoltellare anche lui. Dobbiamo quindi difendere le Forze di polizia perché l’inseguimento era da protocollo, giusto e doveroso. Cosa dovremmo fare ora, impedire alle Forze di polizia di fare i controlli e inseguire chi scappa? E l’accusa di razzismo è infondata dato che non potevano sapere chi stavano per fermare ad un controllo di routine. Questa accusa di razzismo dimostra la malafede di chi difende le persone che compiono reati. Questo filmato dimostra solo che i carabinieri hanno ragione e vanno difesi”.