“Prima ero traumatizzato e non avevo la forza di parlare: avevo paura, tutti- i miei genitori e i parenti come mio zio- mi dicevano di non parlare”. Poi, però, “pian piano ho iniziato a dire tutte le cose, ho deciso di parlare per la giustizia”.
Sono alcune delle parole pronunciate dal fratello di Saman Abbas nel corso della testimonianza in Corte d’Assise d’appello a Bologna dove è ripreso il processo per la morte di Saman Abbas, la 18enne di origine pakistana uccisa a Novellara (Reggio Emilia) nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio del 2022. In aula sono presenti, come nelle scorse udienze, i cinque imputati: i genitori della ragazza, Shabbar Abbas e Nazia Shaheen, condannati in primo grado all’ergastolo, lo zio Danish Hasnain, che in primo grado è stato condannato a 14 anni, e i due cugini Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq, assolti in primo grado.
Come già una settimana fa, Ali Heider ha risposto alle domande che gli sono state rivolte dalla sostituta pg bolognese Silvia Marzocchi. Il fratello di Saman all’epoca dei fatti aveva 16 anni. Il giovane è stato il testimone chiave che ha portato alla condanna in primo grado all’ergastolo il padre e la madre e a 14 anni lo zio.
Il paravento prima dell’audizione del fratello di Saman nell’aula della Corte di assise di Reggio Emilia, 31 ottobre 2023. (Ansa)
La fossa per Saman scavata dallo zio e dai cugini
Rispondendo alle domande, ha spiegato di aver visto la buca nella quale era stata seppellita la sorella “sui giornali” e quando la rappresentante dell’accusa gli ha chiesto chi avesse scavato quella fossa, il ragazzo ha risposto dicendo che era opera dello “zio Danish e dei cugini Ikram e Nomanhulaq”.
Quando il presidente della Corte d’Assise e d’Appello, Pasquale Domenico Stigliano, gli ha chiesto come facesse a saperlo, il giovane ha spiegato ancora che un giorno era andato “con lo zio Danish davanti al negozio di Bartoli”, il titolare dell’azienda per la quale lavoravano i familiari di Saman, dove c’erano anche i cugini, e lo zio poco dopo lo aveva rimandato a casa, spiegandogli che i tre dovevano “andare a pulire i tubi”, un lavoro extra chiesto dalla moglie del titolare dell’azienda agricola di Novellara per la quale lavoravano i familiari di Saman.
“Ho chiesto dalla moglie del titolare e, alla sua richiesta di andare con loro, ma lei gli aveva risposto: No, cosa vieni a fare? Vai a casa a fare il Ramadan”, perché in quei giorni cadeva la festività islamica.
“Allora questa risposta mi ha fatto pensare e ho capito che c’era qualcosa che non andava”, ha spiegato ancora il giovane. Il fratello di Saman sta ricostruendo i giorni precedenti all’omicidio della sorella. Il 21enne ha anche raccontato: “In quei giorni, sono andato a vedere le serre, mi dicevano di farlo e io andavo. Ci andavo ogni giorno. Gli altri giorni c’era sempre qualche mio parente”. Proprio in quel luogo è stata seppellita Saman.
“Zio e cugini dissero che Saman era in paradiso”
Dopo la scomparsa di Saman, ha detto ancora Ali Heider, “ho chiesto diverse volte ai cugini Ikram e Nomanhulaq e allo zio Danish dov’era mia sorella, ma ogni volta che iniziavo a piangere mi dicevano di stare zitto” finchè una volta “mi hanno risposto che non me lo potevano dire, ma che non mi dovevo preoccupare perché là dov’era stava bene, che era in paradiso”.