Il direttore artistico Barbera: «Le conseguenze dello sciopero a Hollywood sono modeste, abbiamo rinunciato solo al film di Guadagnino»
«Mancherà qualche star americana, ovviamente, ma saranno presenti gli attori delle produzioni indipendenti. Ci auguriamo che il tappeto rosso non sarà così sguarnito come profetizza qualcuno». Alberto Barbera, direttore artistico della Mostra di Venezia (30 agosto-9 settembre), trampolino di lancio degli Oscar, fa i conti con lo sciopero di attori e sceneggiatori di Hollywood. Ma le conseguenze sono modeste. «In realtà l’unico film che abbiamo perso è quello d’apertura, “Challengers” di Luca Guadagnino. I produttori Amazon, MGM e Warner non potevano contare sulla promozione della protagonista, Zendaya (solidale con lo sciopero), e hanno deciso di far slittare l’uscita. Un autogol che allontana ancora di più il pubblico. Cosa manderemo nelle sale? Piccoli film d’autore che non attirano spettatori».
Ora si apre con «Comandante» di Edoardo De Angelis, il film sul sommergibilista Todaro, l’eroe che in mare durante la Seconda guerra salvò i nemici, interpretato da Pierfrancesco Favino. Sui 23 in gara, sei sono italiani. C’è ottimismo sulla qualità (tra le star attese Léa Seydoux sull’utilizzo distorto dell’intelligenza artificiale in «La Bête» di Bertrand Bonello, poi Jessica Chastain e Michael Fassbender). Non si vuol sentir parlare di festival «autarchico», per la presenza di 54 paesi nelle diverse sezioni: «L’autarchia ci fu dal 1939 al ’41 col boicottaggio di Stati Uniti, Inghilterra e Francia, c’erano solo film dell’Asse. I sei film italiani sono diversi e osano produttivamente: Costanzo è costato 28 milioni, De Angelis 17, Garrone e Castellitto 8».
Gli altri film del nostro Paese in concorso: «Io Capitano» di Matteo Garrone che «rinuncia ai barocchismi per la narrazione semplice dell’Odissea di due giovani africani che sognano l’Europa»; «Lubo» di Giorgio Diritti, «storia vera di un’etnia di gitani perseguitati da nazisti e svizzeri i cui figli, strappati alle famiglie, vennero trattati come piccoli schiavi»; «Enea» di Pietro Castellitto (nel cast anche il padre Sergio e il fratello Cesare, oltre a Benedetta Porcaroli), sorta di «Grande Bruttezza» romana ammantata di ipocrisia e cinismo; «Finalmente l’alba» di Saverio Costanzo, la perdita d’innocenza di una popolana catapultata nella crudele Cinecittà d’epoca, con Willem Dafoe e Alba Rohrwacher, presenti al Lido con tre e due film, come Favino che troviamo anche in «Adagio» di Stefano Sollima, con Servillo e Mastandrea.
Tra i film più autoriali e glamour: «Maestro» diretto e interpretato da Bradley Cooper, nei panni del direttore-compositore Leonard Bernstein nel suo controverso rapporto con la moglie. «Priscilla» di Sofia Coppola, sulla figlia di Elvis Presley. «Poor Things» di Yorgos Lanthimos con Emma Stone (che non andrà a Venezia), sorta di Frankenstein al femminile riportata in vita da Dafoe scienziato pazzo. E ancora: «El Conde» di Pablo Larraín, rivisitazione in chiave vampiresca del dittatore Pinochet che si risveglia per continuare a succhiare il sangue sei suoi concittadini cileni; «Ferrari» di Michael Mann con Adam Driver e Penélope Cruz, sulla fine delle Mille Miglia nel 1957 e il conflitto coniugale tra il patron di Maranello e sua moglie. «The Green Border» di Agnieszka Holland sul dramma di immigrati clandestini che vengono respinti come palline di ping pong nel confine polacco e bielorusso.
Fuori gara promettono scintille «Coup de Chance» di Woody Allen, girato in francese, l’importanza del caso nella vita, sulla scia del capolavoro «Match Point»; «The Palace» di Roman Polanski (non andrà per la nota vicenda giudiziaria) dove nel Capodanno 2000 in un hotel di lusso sulle Alpi svizzere personaggi grotteschi sono inconsapevoli della propria inconsistenza sociale e morale, con Fanny Ardant, John Cleese, Mickey Rourke e Luca Barbareschi, al Lido anche con il suo «The Penitent» da Mamet. «Daaaaaali!» sul narcisismo del pittore Salvador Dalì. «The Wolderful Story of Henry Sugar» di Wes Anderson e «L’ordine del tempo» di Liliana Cavani (Leone d’oro alla carriera), con Claudia Gerini, 24 ore in una villa e la minaccia catastrofica sul nostro pianeta.
L’esordio di Micaela Ramazzotti regista in «Felicità», lei una tribolata truccatrice del cinema che cerca di far carriera. In totale 82 film e 14 corti. Tema dominante, il disagio degli adolescenti dimenticati, «i più penalizzati dal Covid». Per citarne solo tre, dalla Mongolia «City of Wind» (l’esplorazione sessuale); dall’Ucraina «Forever Forever» (la scuola); dal Belgio «Holly» (ragazzi dotati di poteri speciali). Il presidente Cicutto annuncia il rinnovo della Sala Perla e ricorda Andrea Purgatori, amico del cinema.
25 luglio 2023 (modifica il 26 luglio 2023 | 10:09)
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