Ora che si è scoperto tutto cominciano a sorgere i dubbi, sull’omicidio di Sharon Verzeni: la “casualità” dell’aggressione, la sagoma di cartone dove Moussa lanciva i coltelli in casa, i tanti dettagli che fanno pensare che forse, i segnali di un qualche avvenimento comunque grave che stava per avvenire, potevano essere colti, e forse anche qualcosa di più. Sarà la magistratura, ad – eventualmente – appurare se ci siano state “mancanze”, assenze di interventi in momenti col senno di poi decisivi, per evitare una tragedia. Si poteva evitare l’omicidio?
Le denunce dei familiari
Il giovane aveva incendiato la casa un anno fa, tre le denunce presentate dalle familiari, l’ultima per maltrattamenti
Le escandescenze
E poi, le “escandescenze”, i comportamenti non certo lineari di Moussa Sangare, che facevano il paio con le condizioni della sua abitazione (assenti luce ed elettricità), con le segnalazioni della vicina di casa, allarmata dalla sua presenza.
Moussa Sangare (Ansa)
Sul suo stato di salute mentale saranno le perizie a definirne contorni e effettiva fondatezza, ma certo qualcosa, a Suisio, non ha funzionato.
Caso Verzeni, Moussa Sangare (Tg3)
Le stelle che guardava Sharon
Uscito in bicicletta, con i coltelli, di notte, e giunto a Terno d’Isola mentre Sharon “guardava le stelle” (l’agghiacciante racconto dell’assassino agli investigatori), con le cuffie sulla testa ad ascoltare della musica. E poi, l’aggressione dicendole – ha continuato Moussa nel suo racconto – anche “Scusa”. Ma in realtà, senza una ragione, un motivo, un movente.
Momenti terribili, come quelli di un mese di inchiesta dove tutta la famiglia di Sharon oltre al dolore per la perdita, ha dovuto tollerare a volte vere e proprie insinuazioni, elucubrazioni sul carattere e le abitudini (la persona) della figlia, e che la verità emersa dall’individuazione del reo confesso dell’omicidio, Moussa Sangare, non ha il potere di lenire un dolore che proprio nell’assurdità del gesto, senza motivazioni, rimane forse quasi impossibile da allontanare.