Il tutto si riduce a una faida interna, un vero e proprio duello per il controllo di un partito. Pardon, di un movimento. Nel vecchio stile della prima Repubblica, tra correnti, aree, zone d’interesse, fratelli-coltelli. Quella che va avanti ormai da giorni tra Beppe Grillo, il fondatore, e Giuseppe Conte, il presidente, è la battaglia politica di fine estate per il controllo del Movimento 5 stelle, l’antipartito passato da oltre il 32% delle Politiche 2018 al misero 10% delle Europee di quest’anno. Intanto, prima di arrivare al redde rationem che si annuncia ma ancora non si consuma, ne è passata di acqua sotto i ponti: il governo Conte I, l’alleanza strategica con la Lega tra i due vincitori delle elezioni di sei anni fa; poi, la fine dell’alleanza nella pazza estate del 2019, la giravolta verso sinistra e il patto di ferro con il Partito democratico che dà vita al Conte II e apre la stagione del Campo largo, l’alleanza strutturale di centrosinistra.

Di fronte a giravolte, prese di posizione (che altrove sono state lette come “evoluzioni”), patti locali, accordi in giunte regionali o comunali, la vittoria di Alessandra Todde in Sardegna e la prospettiva di una più solida alleanza di governo a livello nazionale, il nucleo dello scontro si compatterà in occasione dell’Assemblea costituente di ottobre, quando l’ex premier vuole apportare una vera e propria rivoluzione all’interno del Movimento: cambiare nome e simbolo e, soprattutto, rivedere la regola dei due mandati, uno dei punti di maggiore frizione con Grillo e che, anche in passato, per le liste da presentare alle elezioni, aveva creato le fratture più insanabili.

Le iniziative contiane hanno provocato la reazione dell’ex comico genovese, a cui si deve oggi l’esistenza del M5S: in un post dal titolo eloquente sul suo blog, Repetita iuvant, Grillo ha scoperto le carte: “Ormai è chiaro come il sole: a ottobre vi troverete davanti a un bivio, costretti a scegliere tra due visioni opposte di cosa debba essere il M5S. La prima è di una politica che nasce dal basso e non da politici di professione, la seconda è quella di Giuseppe Conte”. Più che fare tabula rasa e ritornare allo spirito degli inizi, quindi, l’obiettivo dell’avvocato del popolo, per Grillo, è “un’opera di abbattimento”, “qualcosa di totalmente nuovo che non ha nulla a che fare col M5S”.

In mezzo, si inseriscono i fedelissimi dell’uno e dell’altro, che difendono le rispettive tesi anche in vista di eventuali ritorni in pista: Conte, che ha già fatto due mandati ed è stato premier, stando alle regole originarie, dovrebbe lasciare il posto ad altri; e con lui Ricciardi, Maiorino e Gubitosa, parlamentari molto vicini all’ex presidente del Consiglio. Con loro, la vecchia guardia dei Crimi, delle Taverna (e delle Raggi) e dei Fico, pur silenti in questa delicata fase. Eppure, in quest’ultima compagine, l’ex sindaca di Roma non ha mancato di sottolineare il proprio disappunto dalla linea contiana, criticando il suo ondivago e mai definitivo guardare a sinistra: c’è chi ha individuato in questa tattica la possibilità di fungere da solo anello di congiunzione tra i due leader rivali.

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