«Non amo il divismo, sono fortunato. Salvini? Nessun problema, potrei incontrarlo»- Corriere.it

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di Valerio Cappelli

L’attore ospite al Filming Italy Sardegna Festival . «Non amo il divismo. In Europa se hai fatto una cosa bella ti amano per sempre. In America ti dicono: ok hai fatto Pretty Woman, ma domani cosa farai?»





All you need is love
. Parli con Richard Gere e sembra che canti i Beatles, quella canzone è una visione del mondo. «Non mi sono mai considerato una superstar, non penso molto alla mia carriera, sono un uomo normale. E sono stato incredibilmente fortunato». Domani il divo terrà una master class agli studenti di cinema del Filming Italy Sardegna Festival.

Gli attori americani di una certa età sembrano più amati in Europa che in USA.

«Non so se è vero. L’Europa ha questo di bello, che se hai fatto delle cose meravigliose vieni sempre ricordato per quello. In America è diverso, la gente è molto generosa con me, direi che non si tratta di cinismo ma di mentalità. Gli americani ti dicono: ok hai fatto Pretty Woman, ma domani cosa farai?».

«A luglio comincio I tradimenti, un film di Paul Schrader, che ritrovo 43 anni dopo American Gigolò, da un romanzo di Russell Banks, su un regista di documentari che sta morendo di cancro e chiede di filmare le sue confessioni. In Sardegna si vedrà «Ti presento i suoceri» (Dal 9 luglio su Sky e Now), dove ho ritrovato Susan Sarandon. Ci conosciamo da quando eravamo teen-agers, dopo essere stata mia moglie in tanti film, qui è la mia amante. E vi assicuro che qui è davvero una bad girl».

Tornando a «American Gigolò», cosa ricorda?

«All’epoca andavo in moto, in jeans e t-shirt. Non avevo mai sentito nominare Giorgio Armani, che vestiva il mio personaggio. Dopo quel film sono stato considerato un uomo elegante, ma non sapevo nulla di moda, prima ero un sempliciotto americano».

Incontrerà Salvini, dopo la polemica sui migranti?

Sorride: «Io posso incontrare chiunque, non ho problemi. Una nuova legge in Italia, quando Salvini era ministro dell’Interno, impediva ai rifugiati di sbarcare. E’ un atto criminale. Com’è potuto accadere nell’Italia profondamente cristiana? Mi sono chiesto cosa potevo fare per i 147 migranti che nel 2019 sono rimasti 19 giorni sulla nave ormeggiata davanti a Lampedusa, dopo il divieto d’ingresso del governo italiano. Ho preso la decisione di portare acqua e cibo su una imbarcazione di gente che scappava, che ha preferito il rischio di morire annegata nel Mediterraneo per non tornare a casa e morire, per sopravvivere. Ho parlato con loro, li ho guardati negli occhi, li ho tenuti per mano, ho ascoltato le loro storie. L’Italia deve vedersela con l’Africa, la Germania con i rifugiati dei Balcani. L’Europa ha una responsabilità enorme nello sfruttamento di centinaia di anni. Oggi le stesse colpe le ha la Cina, paese dove non posso entrare per la mia vicinanza al Tibet».

A proposito di solidarietà, in «Gli invisibili» ha interpretato un senzatetto.

«Un’esperienza profonda, che mi ha cambiato come essere umano. Nessuno mi ha riconosciuto, mentre ero per strada. Non era importante come mi sentissi io, in quei momenti, o se fossi a disagio. Quello è un film con un piccolo budget, non è il genere in cui si investono tanti soldi, non è un film di Hollywood, abbiamo avuto un approccio quasi documentaristico. La vera questione è che, nel mondo, noi nasciamo tutti uguali, abbiamo le stesse opportunità di amare. Ho 73 anni, ho incontrato milioni di persone e non ho mai pensato che qualcuno fosse diverso da me, siamo tutti uguali, rispondiamo allo stesso modo alla richiesta di amore, gentilezza, onestà».

E il buddhismo l’ha cambiata?

«Non ha cambiato la mia carriera, mi ha fatto capire come dobbiamo rapportarci agli altri, mi ha fatto nascere domande spirituali: abbiamo tempo di pensare agli altri? Io non capisco nulla di tecnologia, però mi sembra che sia benzina per solitudine e alienazione».

Non si parla mai della sua adolescenza…

«Ero timido, giocavo a baseball e suonavo la tromba nella banda. Appartengo alla classe media, i soldi bastavano e non si sperperavano perché non c’erano. I miei genitori venivano da una piccola città della Pennsylvania, si laurearono ma mio padre è cresciuto in una fattoria tra le mucche. E’ morto due mesi fa, a quasi 101 anni, viveva da me, sono ancora pieno di dolore per la sua perdita. Mi disse di essere stato capace di amare il prossimo, è stato il suo più grande insegnamento».

«Sono il prodotto di ciò che ho combinato nella vita, di positivo e negativo. Spero di aver fatto tesoro degli errori. Sono un attore che ha lavorato in decenni in cui andare al cinema era un rito importante nel week-end, un rito illusorio ma importante. Le sale erano come un tempio. I traumi del Covid sono rimasti, la gente non esce, ha comprato grandi televisori e i film li vede in casa».

Le piacerebbe recitare in Italia?

«Questa domanda mi fa pensare a quanto sono vecchio, perché i registi con cui vorrei lavorare, De Sica, Rossellini, Fellini, non ci sono più. Sono stato a un passo dall’interpretare un film di Antonioni. Ma, acqua passata».

Chi è Richard Gere oggi?

«Sono sposato da dieci anni con Alejandra, abbiamo due figli di 3 e 4 anni, lei ha una figlia di 10 anni dal precedente matrimonio e io ho un figlio di 23. Siamo una grande famiglia. Sì, sono un uomo fortunato».

23 giugno 2023 (modifica il 24 giugno 2023 | 11:33)

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