Nel corso dell’ultimo secolo il diabete è passato dall’essere una patologia orfana di terapia, fortemente invalidante e con un’aspettativa di vita ridotta, ad una condizione cronica, ben gestibile e che permette di condurre una vita piena, al pari di tutte le altre persone. Merito certo dei tanti progressi della terapia, di farmaci sempre più smart e a lunga durata d’azione. Ma anche della tecnologia, che sta entrando sempre più nella vita delle persone con diabete, in particolare di quelle affette da diabete di Tipo 1. A fare il punto in occasione della Giornata mondiale del diabete è Dario Pitocco, direttore della Diabetologia della Fondazione Policlinico Gemelli Irccs di Roma. ”Lo sviluppo di tecnologie avanzate e di algoritmi matematici, che fanno dialogare tra loro i sensori per la rilevazione dei livelli di glicemia, con i microinfusori di insulina – spiega – ha consentito a tante persone con diabete di Tipo 1 (una malattia autoimmune che porta alla distruzione delle cellule beta pancreatiche), di migliorare in maniera significativa il proprio compenso metabolico e dunque la qualità di vita, proteggendoli dalla comparsa delle complicanze più temibili del diabete (retinopatia, insufficienza renale terminale, amputazioni, eventi cardio-vascolari).
Si tratta di un progresso incredibile che si è sviluppato negli ultimi trent’anni. ”Fino alla fine degli anni ’90 – ricorda Pitocco – l’insulina veniva fatta per “sopravvivere”, mentre oggi puntiamo a migliorare la qualità di vita dei nostri pazienti. In passato, la vita di una persona con diabete di tipo 1 era costellata di numerosi episodi di ipoglicemia, con un impatto devastante sulla loro vita; oggi la tecnologia consente di mantenere stabili i valori di glicemia, molto vicino al fisiologico, come abbiamo di recente dimostrato in un nostro studio pubblicato su “Diabetes, Obesity and Metabolism” e questo consente di affrontare una giornata piena di sport, studio, lavoro in maniera normale, al pari dei coetanei non affetti da diabete”.