Nel solo mese di gennaio, sono rientrati bruciando nell’atmosfera 120 satelliti Starlink della SpaceX di Elon Musk. Una media di 4 al giorno, un processo necessario per sostituire quelli arrivati alla fine della vita operativa con quelli di nuova generazione senza lasciare detriti spaziali in orbita. Ma la pioggia di satelliti preoccupa gli scienziati. 

Ogni rientro causa infatti il rilascio di polveri di metalli inquinanti ad alta quota, come l’ossido di alluminio. E il fenomeno è destinato ad intensificarsi. SpaceX ha già posizionato nell’orbita della Terra migliaia di satelliti per fornire connessione a internet ed è solo l’inizio: altri soggetti – privati e pubblici – intendono fare altrettanto nei prossimi anni.

All’inquinamento causato dai rientri dallo spazio va aggiunto anche quello generato dai lanci: ogni razzo utilizza propellente e concluso il suo compito brucia in parte o integralmente nell’atmosfera.

Quali siano le possibili conseguenze è ancora poco chiaro. Le ipotesi vanno dai danni allo strato di ozono alle modifiche al campo magnetico terrestre, fino a un raffreddamento del pianeta poiché le polveri potrebbero riflettere la luce solare limitando la quantità che raggiunge il suolo.
Il sistema è complesso e caotico e fare previsioni è difficile.

Quello che è già certo è il danno all’astronomia: i satelliti che attraversano il cielo rendono sempre più difficili le osservazioni. 
 

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