Sono caduti in acqua uno dopo l’altro a causa del mare in tempesta. “Non abbiamo avuto la possibilità di soccorrere nessuno di loro, anche perché il gommone stava affondando”. È con queste parole che i dieci superstiti dell’ultimo naufragio avvenuto nel Canale di Sicilia hanno ricostruito la traversata della morte iniziata da Sfax, in Tunisia, e terminata a poche centinaia di metri dall’isolotto di Lampione. I sopravvissuti sono stati sentiti dai poliziotti della squadra mobile della questura di Agrigento, con l’assistenza di mediatori culturali e psicologi, fino a sera.
Nessuno ha saputo indicare con precisione quanti sarebbero finiti in mare, dopo poche ore di navigazione, ma tutti hanno confermato che erano partiti in 56, originari di Camerun, Costa d’Avorio, Mali e Guinea Konakry. Le motovedette, oltre ai dieci naufraghi aggrappati sul gommone semi affondato, hanno recuperato sei cadaveri; i “dispersi” sarebbero quindi una quarantina. Uno dei superstiti, in lacrime, ha detto che la moglie era nel gruppetto delle prime persone cadute in mare. E non figura fra i cadaveri ripescati vicino a Lampione. La procura di Agrigento ha aperto un fascicolo d’inchiesta.
Le ricerche dei dispersi, coordinate dalla guardia costiera di Palermo, sono andate avanti per l’intera giornata anche con gli aerei, tra cui il “Manta” della Guardia costiera e i velivoli di Frontex. Allertati pure i centri di coordinamento del soccorso marittimo di Malta e della Tunisia per le ricerche nelle rispettive aree Sar di competenza.
“Continua la strage silenziosa nel Mediterraneo. Quasi 9.000 persone sono arrivate via mare in Italia dall’inizio dell’anno, di cui quasi mille minori non accompagnati. Sono circa 600 le persone arrivate solo negli ultimi 4 giorni”, ha sottolineato Save the children che ha fatto il punto della situazione: “Sono più di 31.500 le persone morte o disperse in mare dal 2014 nel Mediterraneo, tra cui oltre 1300 minori. Non possiamo abituarci”.