Si riparte, dopo 47 anni, seguendo la pista della destra eversiva romana e da una nuova  comparazione di volantini che ha portato a collegamenti con attentati dinamitardi a Roma, nelle  nuove indagini sul duplice omicidio mai risolto di Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci, conosciuti  come Fausto e Iaio, i due giovani uccisi il 18 marzo del ’78 vicino al centro sociale Leoncavallo, a  Milano.

La gip Maria Idria Gurgo di Castelmenardo, il 29 aprile scorso dopo una decina di giorni di  valutazioni, ha deciso di riaprire, come chiesto dai pm Francesca Crupi e Leonardo Lesti, il fascicolo archiviato nel 2000 a carico dell’ex Nar ed esperto di esplosivi Massimo Carminati, del cognato Claudio Bracci e di Mario Corsi, detto ‘Marione’, pure lei ex militante dei Nuclei Armati Rivoluzionari e negli ultimi anni noto nella Capitale per le radiocronache delle partite della Roma.

Maria Iannucci, la verità storica c’è sempre stata

“Dopo 50 anni si è deciso che si può fare, ma gli atti sono sempre stati lì, vuol dire che i tempi son maturi, la verità storica c’è sempre stata ed è che due ragazzi sono stati uccisi da mano identificata e rivendicata come fascista”, ha commentato Maria, sorella di Iaio.

La Russa, contento che si riaprano indagini per individuare i colpevoli

 Anche il  presidente del Senato, Ignazio La Russa, si è detto “contento che la magistratura abbia deciso di  riaprire le indagini per fare chiarezza e individuare i colpevoli degli omicidi di Fausto e Iaio”.

 

Riapertura su morte Fausto e Iaio (Tg3)

Già 25 anni fa la gip Clementina Forleo, archiviando l’indagine, aveva messo nero su bianco  “significativi elementi” a “carico della destra eversiva e in particolare degli indagati” Carminati,  Bracci e Corsi. Che restavano, però, indizi senza diventare prove. 

La Procura, poi, nel gennaio 2024, prima di arrivare all’istanza di riapertura, ha iscritto un nuovo  fascicolo conoscitivo, dopo una lettera inviata dal sindaco Sala, e ha delegato una serie di   approfondimenti. Si è arrivati a nuove analisi dattilografiche, ossia su tecnica di scrittura e macchine per scrivere, tra il volantino che venne fatto trovare a Roma il giorno dopo i funerali dei   due ragazzi e un altro che rivendicava un attentato contro la sezione del Pci del quartiere  Balduina a Roma, il 29 maggio 1978. Entrambi erano siglati “Esercito nazionale rivoluzionario-  Brigata combattente Franco Anselmi”. 

Un altro legame era già comparso in un provvedimento del ’97 dell’allora giudice istruttore Guido  Salvini, che ha sempre ribadito che si può indagare ancora, e riguardava “l’attentato all’Armeria  Centofanti” di Roma, sempre del maggio ’78. Proprio durante una rapina a quell’armeria, tra l’altro,    dodici giorni prima dell’uccisione dei due leoncavallini, era stato colpito a morte il Nar Franco   Anselmi. 

Il volantino di rivendicazione dell’attentato all’armeria – si legge negli atti dell’epoca – è analogo,  per toni e semplicità dell’impostazione, a quelli con cui vennero rivendicati il duplice omicidio di  Milano”, commesso mentre era in corso il rapimento Moro, “e l’attentato alla Sezione del Pci”.

Il giudice descriveva quella sigla, mai più comparsa nel mondo dell’estremismo di destra, come  “aggregazione temporanea di persone senza formare un vero e proprio gruppo e finalizzata alla commissione di singole azioni di ritorsione”. Elementi, si legge, “dell’estrema destra romana in  ‘trasferta’ a Milano, mossi dall’intento di vendicare alcuni loro camerati caduti, colpendo due  giovani non personalmente conosciuti ma comunque sicuramente appartenenti all’area  dell’estrema sinistra”.

L’inchiesta riparte puntando non direttamente sui Nar, ma sulla galassia collegata

L’inchiesta ricomincia da qua, puntando non direttamente sui Nar, pare, ma sulla galassia  collegata. Formalmente i pm devono iscrivere un nuovo procedimento ripartendo, di fatto, da  quei tre nomi. Dai documenti acquisiti, tra cui il materiale cartaceo dei vecchi archivi e carte di  recente desegretate e una rilettura di tutte le testimonianze.

Gli investigatori hanno già effettuato ricerche, con scarso esito, per recuperare reperti dell’epoca,  come gli otto proiettili che erano stati trovati sui corpi. Sul luogo dell’omicidio era stato rinvenuto  un berretto blu che, però, non fu mai sottoposto ad accertamenti e non venne più ritrovato. Si punta a nuovi accertamenti balistici e di altro genere, con nuove tecniche scientifiche. “Questa è l’ultima occasione”, ha detto il legale dei familiari, Nicola Brigida, che ha dato impulso alla nuova inchiesta, depositando documenti. 

Lorenzo Iannucci (Contrasto)

Mario Corsi, i giudici fanno quello che devono fare

La decisione della procura di Milano “la commento come nel 2000: i giudici fanno quello che devono fare, come è giusto che sia, non c’è altro da dire”. Così Mario Corsi, ‘Marione’ ha commentato la riapertura delle indagini.

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