Sono arrivati in piazza dei Daini a Milano i carabinieri del Ris per effettuare un sopralluogo tecnico nel monolocale dove è morta Jhoanna Nataly Quintanilla, la babysitter di origine salvadoregna del cui omicidio è accusato il compagno, Pablo Gonzalez Rivas. Nell’appartamento, i militari cercheranno elementi ed eventuali tracce ematiche che potrebbero smentire il racconto dell’uomo, il quale, dopo aver simulato un allontanamento volontario della compagna, ha sostenuto di averla uccisa involontariamente, durante un gioco erotico. Si tratta del primo ingresso con strumentazione tecnica nell’appartamento. Intanto continuano le ricerche del corpo della 40enne. Da giorni, infatti, i carabinieri stanno battendo l’area tra Inzago e Treviglio e alle ricerche si è unito anche qualche cittadino che spera di dare una mano.

“Mi spiace e soffro”. Era apparso così – davanti alla gip di Milano, Anna Calabi, che ha convalidato l’arresto in carcere – Pablo Gonzalez Rivas, il 48enne accusato di omicidio volontario aggravato dai futili motivi e occultamento di  cadavere della compagna Jhoanna Nataly Quintanilla, uccisa nella notte tra il 24 e il 25 gennaio.

Come riferito nell’interrogatorio di convalida dallo stesso Rivas, era in procinto di partire per Lisbona senza la compagna. È quanto emerge dall’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dalla gip di Milano, nei confronti dell’uomo.

Il motivo dell’arresto: potrebbe scappare

La giudice ha osservato che qualora fosse rimesso in libertà, Gonzalez potrebbe facilmente rendersi irreperibile, in quanto durante il suo interrogatorio è emersa la circostanza che era in procinto di recarsi a Lisbona senza la compagna. Da lì avrebbe potuto poi andare in El Salvador, dove ha sempre vissuto fino a sei anni fa e dove risiede la sua famiglia.   

Quanto, invece, al rischio di reiterazione del reato per la gip Calabi non sussiste considerato che, da un lato la vittima era la sua compagna da lungo tempo e dall’altro il 48enne è incensurato e mai ha evidenziato particolare pericolosità sociale. Pertanto il rischio di ricadere in un altro crimine della stessa specie appare poco verosimile.

Il racconto di Rivas

Ha gettato in un cestino vicino a casa il cellulare spento di Jo insieme al suo cappello rosso e ad alcuni indumenti nel pomeriggio del giorno dopo l’omicidio per simulare un allontanamento volontario

Lo ha raccontato il 48enne salvadoriano sabato alla gip davanti alla quale ha ammesso l’omicidio sottolineando però di non averlo fatto volontariamente, ma di averle stretto le mani al collo durante un gioco erotico, aggiungendo che il rapporto di coppia andava bene, senza discussioni, e di essere dispiaciuto per quello che è accaduto.   

La giudice ha convalidato il fermo e disposto il carcere ritenendo che l’indagato possa inquinare le fonti di prova sottolineando che si sta ancora cercando il corpo della donna, che l’uomo, come lui stesso ha detto, ha messo in un borsone e gettato nelle campagne dell’hinterland, e il suo cellulare dal quale, una volta acquisiti i dati con copia forense del contenuto, potrebbero venire a galla nuovi spunti investigativi.

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