“Mi sembra un po’ tardi adesso. Si vede che prima avevano cose più urgenti da controllare probabilmente. Ma non è il mio lavoro, non posso giudicare”. Lo ha detto Sergio Ruocco ai cronisti ieri sera, rientrando dal lavoro a casa dei genitori di Sharon Verzeni a Bottanuco, in merito ai due giorni di ricerche disposti dagli inquirenti a Terno d’Isola per cercare, tra l’altro, il coltello con il quale la compagna è stata uccisa.
E sull’ipotesi che il killer possa essere uno degli spacciatori che frequenta la piazza del paese, Ruocco ha risposto: “È passato un mese, è giusto controllare quello che si può controllare. È giusto controllare le persone, come controllano un po’ tutti. È giusto battere un po’ tutte le piste”. L’idraulico di 37 anni, che non è indagato, ha spiegato di non essere stato più sentito dai carabinieri e di non avere altri dettagli da aggiungere per le indagini, “altrimenti li avrei già chiamati”.
La pista del pusher scomparso
Sono tante le piste apparse (e poi a volte scomparse) sull’omicidio di Sharon: accanto alle ricerche nei tombini e nei dintorni del luogo del delitto, da alcune testimonianze a distanza di un mese alcuni abitanti hanno parlato di uno spacciatore, che a Terno d’Isola si faceva spesso vedere la sera ma che da circa (appunto) un mese, avrebbe fatto perdere le sue tracce: un giovane che gestisce una pizzeria d’asporto vicino alla piazza di Terno d’Isola ha raccontato che non ha più visto, dopo l’omicidio di Sharon Verzeni, un uomo che saprebbe riconoscere ma di cui non sa il nome che, con altri, “faceva casino” in piazza anche a tarda serata e “litigavano e rompevano bottiglie”.
Ha ribadito ai cronisti, dopo averlo raccontato ai carabinieri, che a Terno ha poi visto in giro gli altri del gruppo ma non lui. “Prima abitava a Terno, poi lo vedevo andare a piedi a Medolago”. Le persone che frequentavano di notte la piazza principale del paese, una decina, nordafricani, “erano sempre ubriachi e facevano casino”. Mohammed, che racconta di essere già stato minacciato dal gruppo di balordi che frequentavano il paese, assicura di non aver paura: ”Non mi interessa di loro”. “Saranno una decina, in gran parte marocchini. Per qualche giorno non li ho più visti, ma pian piano stanno tornando. Tutti, tranne uno. Non si vede da settimane”. Questo il racconto a Il Corriere della Sera, del commerciante della zona a poche centinaia di metri da dove è stata accoltellata Sharon.
”Erano violenti, ma solo tra di loro”, conferma una panettiera. Altri commercianti riferiscono di aver visto anche coltelli, ma mai puntati contro i passanti. Anche per questo l’ipotesi che a colpire Verzeni sia stato un pusher convince pochi, perché – è la considerazione di chi lavora in piazza VII Martiri – l’omicidio ha danneggiato chi viveva di spaccio. ”Da un mese l’attività si è ridotta tantissimo, con tutte le forze dell’ordine che ci sono in giro…” osserva una negoziante.
La testimonianza come altre è al vaglio degli investigatori che ne stanno raccogliendo diverse
”Il vile assassino di Sharon deve sapere che nessun ostacolo fermerà mai la sua individuazione”. È il messaggio inviato dal legale della famiglia di Sharon Verzeni, l’avvocato Luigi Scudieri, in una nota di ringraziamento alla ”cittadinanza, al sindaco di Termo d’Isola e ai volontari del Mu.Re per la collaborazione prestata in queste ore diretta a consentire agli inquirenti gli opportuni accertamenti sui luoghi del delitto”.
A diminuire, dalla notte tra il 29 e il 30 luglio, sono state anche le persone di Terno che, nonostante il degrado, frequentavano la piazza. ”Prima la sera c’erano tante persone di passaggio, tanti giovani. Adesso non ne vedo più”, perché da quando la 33enne è stata accoltellata a morte nel pieno centro del paese ”la gente ha paura di stare in giro”, spiega un altro commerciante.
Gli ultimi 600 metri di Sharon: quella strada piena di telecamere senza il viso dell’assassino
Quella dello spacciatore, è una delle piste al vaglio degli inquirenti, così come continuano le ricerche dell’uomo in bicicletta ripreso dalle telecamere mentre contromano percorreva via Castegnate nei minuti del delitto. Chi indaga ha un nome su cui lavorare ma l’uomo non si è ancora fatto vivo o avrebbe ragioni per non farsi trovare, anche se è stato precisato che non si tratta del killer della donna uccisa un mese fa.
Si cerca ancora in quelle poche centinaia di metri dove si è svolto il delitto, ormai un mese fa, e dove nessuno ha visto né sentito l’assassinio di Sharon Verzeni, 33 anni, accoltellata e uccisa il 29 luglio scorso. Ma sul nome e cognome “dell’uomo in bicicletta” c’è un’ipotesi più che concreta, anche se ad inquirenti e investigatori di Bergamo non è ancora riuscito di guardare in faccia e sentire quello che ha (eventualmente) da dire l’uomo visto nelle immagini delle telecamere di sorveglianza quella notte.
Riprese e poi concluse le ricerche dell’arma del delitto
Sono riprese ieri mattina e poi sono state interrotte a tarda sera, a Terno d’Isola, le ricerche dell’arma.
Ed è proprio nei pressi della casa di via Merelli, ancora sotto sequestro, che i carabinieri di Bergamo in gran numero, hanno cercato il coltello che non risulta tra quelli sequestrati in alcune perquisizioni nelle settimane scorse e già analizzati.
Due giorni fa alle ricerche hanno partecipato anche gli esperti del Mu.Re. il Museo recuperanti 1915-1918 , che ha sede a Toscolano Maderno e sono specializzati nel recupero di ordigni bellici. Su altri fronti di indagine continua a non essere esclusa l’ipotesi dello sbandato che Sharon non conosceva, ma si continua a scavare anche nelle conoscenze della barista per capire se qualcuno avesse motivi di rancore tali da ucciderla.
Su questo il suo compagno, Sergio Ruocco, si era sempre detto sicuro che è stata uccisa, a suo avviso, da una persona che “non conosceva”.
Il giallo dell”uomo in bicicletta’
Le indagini sarebbero arrivate al ciclista per via dei vestiti che indossava e il modello della bicicletta in sella alla quale percorreva contromano la via dell’omicidio e, probabilmente, qualche conferma è venuta anche dell’analisi del traffico telefonico della zona.
Per quale ragione per quasi un mese questo testimone non si sia fatto vivo coi carabinieri e il pm Emanuele Marchisio crea un secondo giallo all’interno di un’inchiesta in cui i militari di Bergamo ma anche del Ros e del Ris, questi ultimi impegnati a rilevare e analizzare tracce di Dna trovate sul corpo, non risparmiano risorse e mezzi.
L’uomo in bici è “una delle 10 persone da idenficare”
Il ciclista non sarebbe più quindi tra le circa dieci persone da identificare che sono ritratte nella zona del delitto (oggi sono stati sentiti altri testimoni) ma le indagini proseguono anche scavando nelle conoscenze della donna uccisa.