Un omicidio feroce quanto insensato. Nessun movente, nessun perché. Dopo tante ipotesi, piste, a volte suggestioni, la verità – a volte – è cruda e agghiacciante nella sua nullità, casualità: Sharon Verzeni semplicemente “Era nel posto sbagliato nel momento sbagliato”, il commento amaro della procuratrice aggiunta di Bergamo Maria Cristina Rota dopo il fermo del suo assassino reo confesso, che in casa aveva una sagoma di cartone per esercitarsi a lanciare coltelli.
L’incontro casuale sulla strada del delitto
Sharon, barista con un diploma d’estetista, ha incontrato il suo assassino Moussa Sangare, 31 anni, all’una di una notte afosa di un mese fa, in via Castegnate a Terno d’Isola, un paesotto in provincia di Bergamo, dove stava passeggiando perché la sua dietologa gliel’aveva consigliato.
Era stata raggiunta da un uomo in bicicletta che l’ha presa per il collo e le ha dato una prima coltellata allo sterno per poi infierire con altre tre, lasciandola agonizzante. Solo il tempo di una telefonata: “Mi ha accoltellato”. E poi è morta poco dopo. Quell’uomo è stato fermato per omicidio premeditato e con l’aggravante dei futili motivi dopo una “tenace indagine” dei carabinieri.
Chi è l’assassino: Sangare, milanese
Sangare, nato a Milano ma residente a Suisio, a pochi chilometri da Terno d’Isola, italiano di famiglia maliana, ha “pienamente confessato”. Un passato tranquillo in paese, le ambizioni da rapper con le collaborazioni con nomi noti come Izi ed Ernia, poi i viaggi all’estero e il ritorno in Italia “completamente cambiato”, come raccontano in paese.
I due testimoni, il “frame” decisivo dalle immagini
E’ lui quell’uomo in bicicletta inquadrato dalle telecamere di sorveglianza mentre percorre contromano via Castegnate, che da settimane i militari cercavano. Ma non è stata sufficiente quell’immagine: alla sua identificazione hanno concorso le testimonianze di due stranieri che ai militari avevano cercato di indicare una pista ma, quando hanno visto dei frame più nitidi, raccolti nell’intera zona tra Terno e Suisio hanno detto: “E lui”.
Il 31enne, che aveva precedenti per maltrattamenti nei confronti della madre e della sorella, tanto che non viveva più con loro ma in una casa occupata, è stato rintracciato a Chignolo d’Isola e portato in caserma.
“Non so spiegare cosa sia successo”
Prima, assistito da un legale, ha reso dichiarazioni spontanee e poi, nella notte, ha reso un interrogatorio senza apparenti reticenze anche se rimangono aspetti da verificare. “Ho avuto un raptus improvviso. Non so spiegare perché sia successo, l’ho vista e l’ho uccisa”, ha ammesso dicendosi “dispiaciuto“.
Moussa Sangare, il killer reo confesso di Sharon Verzeni (ansa)
La pista della premeditazione: era uscito con 4 coltelli
Versione a cui poco credono gli inquirenti considerando che era uscito armato con quattro coltelli, che evidentemente dovevano essere diventati per lui un’ossessione. Non solo: prima di colpire a morte Sharon, per sua stessa ammissione, aveva minacciato due ragazzini mostrando il coltello. E ora i pm rivolgono un appello ai due minori perché si facciano sentire.
Lui stesso ha indicato l’arma del delitto, seppellita a Medolago, vicino al fiume Adda e che è stato già inviato al Ris per aver la certezza che sia il coltello con cui è stata uccisa Sharon. Gli atri tre coltelli e i suoi vestiti sporchi di sangue li ha gettati in un sacchetto nel fiume, recuperato dai sommozzatori. “È uscito di casa con quattro coltelli e quindi gli è stata contestata la premeditazione: l’obiettivo era evidente, voleva colpire qualcuno”, ha spiegato Maria Cristina Rota, mentre le indagini sono state coordinate dal pm Emanuele Marchisio: “Non c’è nessun movente religioso, né terroristico, non appartiene ad alcun movimento religioso”, ha aggiunto.
La Procura sta anche valutando se vi sono stati in passato delitti con modalità analoghe ma, allo stato, Sangare ha il solo precedente dei maltrattamenti in famiglia.
Problematica psichiatrica
“E’ molto verosimile che ci sia una problematica psichiatrica, anche se è un discorso prematuro e sarà un tema da approfondire con consulenze ed un’eventuale richiesta di perizia, ma è comunque un aspetto questo rilevantissimo”, ha spiegato il suo avvocato difensore Giacomo Maj. Il legale ha aggiunto che non avrebbe fatto cenni all’assunzione di alcol o droghe. “Il suo gesto non dovrebbe essere dovuto a queste cose – ha aggiunto – è stata una cosa senza senso, di cui anche lui non sa la motivazione”. In effetti anche la procuratrice aggiunta Rota ha detto che durante la notte tra dichiarazioni spontanee e confessione non ha mai dato la sensazione di essere alterato, anche se a Siusio tutti parlano della sua tossicodipendenza.
Di certo, non aveva nessuno rapporto di natura personale con Sharon, nessun attrito con il compagno Sergio Ruocco, che non è mai stato indagato. “Poteva essere la signora Verzeni o uno di noi che passava di lì”, la sintesi della procuratrice Rota.
Perché è stato un delitto feroce. Senza un movente, senza un perché.
Famiglia e Ruocco: “Spazzate via illazioni su di noi”
Oltre al dolore atroce per la perdita terribile di una figlia, sorella e compagna di vita, i familiari e il fidanzato di Sharon Verzeni, mentre le indagini andavano avanti e sembravano all’apparenza arenarsi, per un mese hanno dovuto subire, oltre alla pressione mediatica, una serie di illazioni anche su abitudini e frequentazioni della barista 33enne. E lo stesso Sergio Ruocco, che da 13 anni stava con lei, è stato spesso additato, senza che dall’inchiesta emergessero elementi, come sospettato dell’omicidio.
Mai da Bruno e Maria Teresa, però, il padre e la madre di Sharon, che già da quel 30 luglio, dopo che la notte prima la giovane era stata uccisa con quattro coltellate mentre passeggiava come faceva spesso per sentirsi bene, l’hanno accolto in casa e lo hanno sempre difeso, da tutto e da tutti.
E così ieri nel primo pomeriggio, davanti alla villetta di Bottanuco, pochi chilometri da Terno d’Isola, dove Sharon viveva con Sergio, Bruno Verzeni ha voluto parlare ai cronisti con tono pacato, dopo che in carcere per l’assassinio della figlia è stato portato Moussa Sangare, che non la conosceva, che l’ha incrociata in bici, l’ha seguita e l’ha uccisa senza un motivo.
“Ci affidiamo a Dio per aiutare noi e Sergio”
“A un mese dalla morte di nostra figlia, la notizia di oggi ci solleva, anche perché spazza via anche tutte le speculazioni che sono state fatte sulla vita di Sharon e di Sergio”, ha affermato il padre, leggendo un breve comunicato con a fianco la moglie, la figlia maggiore Melody e il figlio più giovane Christopher. “Grazie a coloro che hanno testimoniato e hanno permesso di arrivare ai risultati di oggi. Vogliamo che l’assurda e violenta morte di Sharon – ha proseguito Bruno Verzeni, con la voce a tratti rotta da dolore e fatica – non sia vana e provochi in tutti maggiore sensibilità al tema della sicurezza del nostro vivere. Ci affidiamo a Dio per aiutare noi e Sergio a convivere con il nostro dolore e con il pensiero di quello che nostra figlia ha subito”. Poi, i ringraziamenti “innanzitutto” alla Procura di Bergamo “per la competenza e la tenacia che ha dimostrato” e “ai nostri avvocati per i preziosi consigli e per la loro vicinanza”.
Combo Sharon Verzeni – uomo in bicicletta (Ansa/Frame video)
Nel tardo pomeriggio, poi, anche Ruocco ha voluto far sapere che “dopo un mese di incertezza la notizia mi ha dato un po’ di sollievo, perché cancella tutte le insinuazioni dette su di noi”. E ha spiegato: “Nessuno mi ridarà Sharon, ma manterrò sempre vivo il suo ricordo e so che mi aiuterà a proseguire la mia vita”.
Sharon verzeni 30 luglio 2024 (Ansa)