Prima di accoltellare a morte Sharon Verzeni, le ha detto: “Scusa per quello che ti sto per fare”. E la 33enne, mentre veniva colpita, chiedeva: “Perchè? Perchè?”. Da quanto si è appreso, è solo uno dei tragici dettagli emersi durante l’interrogatorio dell’uomo fermato per l’omicidio della barista di Terno d’Isola. Il 31enne ha poi raccontato di essere fuggito in bicicletta e di averla modificata nei giorni successivi in alcuni componenti, per evitare che potesse essere individuato grazie al mezzo. Sempre per lo stesso motivo, si era anche tagliato i capelli.
Si chiama Moussa Sangare, il reo confesso fermato nella notte tra giovedì e venerdì per l’omicidio di Sharon Verzeni. Nato a Milano da una famiglia di origine africana, il giovane di nazionalità italiana era residente a Suisio, un paese della Bergamasca, distante appena cinque chilometri da Terno d’Isola. Disoccupato e incensurato, Sangare non conosceva la vittima. L’aggressione sarebbe avvenuta dunque senza un apparente motivo.
Secondo la ricostruzione che Sangare ha fornito nell’interrogatorio, l’uomo era uscito dalla sua casa di Suisio un’ora prima del delitto con un coltello, con l’intenzione di colpire una qualsiasi persona. Per questo si era aggirato a Terno d’Isola; ma prima, durante il percorso, aveva minacciato due ragazzini, uno con la maglietta del Manchester. Poi ha visto Sharon e l’ha seguita, bloccando la donna, ha raccontato, che “guardava le stelle con le cuffiette”, e colpendola puntando al cuore. Quindi altre tre coltellate al corpo per fuggire a tutta velocità in bicicletta.
“Ho avuto un raptus improvviso. Non so spiegare perché sia successo, l’ho vista e l’ho uccisa” ha confessato l’uomo, rintracciato dai carabinieri nel Bergamasco. Alcuni minuti prima dell’omicidio, Moussa aveva puntato il coltello – lo stesso che ha ucciso Sharon – contro due 15enni, poi scappati. Nella sua abitazione sono state trovate altre prove dell’omicidio e lui stesso ha indicato il luogo dove aveva nascosto l’arma del delitto, trovata sepolta in un’area con della vegetazione sull’argine del fiume Adda, in zona Medolago.
“L’omicida ha avuto collaborazioni con alcuni rapper”
“È un po’ più grande di me, non ci conoscevamo bene. So che cantava, voleva fare il cantante, aveva fatto il provino a X Factor. Era un ragazzo sorridente e integrato nel paese” ha detto a LaPresse Gabriele, un 22enne di Susio, che conosceva Moussa, che ha avuto delle collaborazioni con Izi e Ernia, due rapper italiani. La circostanza, riferita da diversi residenti a Suisio dove il 31enne abitava, è stata confermata dagli investigatori. “Anni fa ha collaborato alla canzone ‘Scusa’ di Izi”, ha detto un ragazzo che lo conosceva di vista, indicando il video da 14 milioni di visualizzazioni su YouTube e che porta anche la firma di ‘Moses Sangare’. “Aveva davanti una carriera, so che voleva anche partecipare a XFactor”. Il suo nome d’arte compare anche nel video di una canzone del rapper Ernia insieme a Izi dal titolo ‘Fenomeno’.
Il cartello dove Sharon è stata uccisa (tg2)
La scritta in via Castagnate: “Giustizia è fatta”
Tra i fiori, i ceri e i santini lasciati nei giorni scorsi in via Castegnate, nel punto in cui il 30 luglio è stata uccisa Sharon, nelle ultime ore qualcuno ha portato un cartello con la scritta ‘giustizia è fatta’, a commento del fermo di Moussa Sangare. “Terno non è un posto sicuro sotto molti punti di vista – c’è scritto in un’altra lettera portata in via Castegnate – Ci sono persone che non pensano nemmeno una volta a ciò che fanno, spero la tua morte non sia stata vana. La tua famiglia è veramente forte, mancherà sempre qualcuno e quella persona sei te”.
L’immagine dell’uomo catturata in un frame delle telecamere di videosorveglianza
Sharon Verzeni stava rientrando a casa dopo una passeggiata notturna per Terno d’Isola, quando lungo via Castegnate, la strada principale del paese, è stata colpita a morte da quattro coltellate. Le telecamere di videosorveglianza non hanno ripreso il momento dell’omicidio, ma hanno catturato l’immagine di un uomo in bicicletta che sfrecciava contro mano lungo via Castegnate all’orario del delitto. È da quei frame che i carabinieri del comando provinciale di Bergamo, coordinati dal pm Emanuele Marchisio e dalla procuratrice facente funzione Maria Cristina Rota, sono giunti a Moussa Sangare.
Il 31enne è stato fermato nella notte tra giovedì e venerdì, a un mese esatto dall’omicidio di Sharon Verzeni, “al termine di complesse e laboriose indagini”, e ora è in una cella del carcere di Bergamo, da solo, sotto stretta vigilanza, seguito dagli psicologi dell’istituto. A quanto si è appreso, il giovane si sarebbe chiuso nel silenzio e finora avrebbe chiesto solo da bere. A suo carico gli investigatori hanno raccolto ”gravi indizi di colpevolezza, elementi probatori del pericolo di reiterazione del reato, di occultamento delle prove, nonché del pericolo di fuga”.
La procuratrice: Sangare avrebbe dimostrato “lucidità”. Il legale della famiglia Verzeni: “Non si parli di raptus”
“Non c’è stato alcun movente”, ha spiegato la procuratrice, chiarendo che la Procura dovrà valutare eventuali profili psichiatrici, ma che Sangare avrebbe dimostrato “lucidità“. Concetto su cui concordano i famigliari di Sharon, che tramite il legale Luigi Scudieri respinge l’idea del raptus che potrebbe aver colto l’omicida reo confesso della donna. “Ho sentito parlare in queste ore di ‘raptus improvviso’, di ‘scatto d’ira’ e assenza di premeditazione. Tuttavia faccio notare che il signor Moussa Sangare sarebbe uscito di casa con ben quattro coltelli e prima di uccidere Sharon ha avuto tutto il tempo di minacciare anche altre due persone. Queste farebbero bene a farsi avanti”. “Mi ha molto stupito – aggiunge l’avvocato Scudieri – che si sia parlato di ‘verosimile incapacità’ subito dopo il fermo, prima ancora di un esame completo di tutti gli atti”.
Da quanto è emerso dalle indagini, infatti, l’uomo viveva in una casa occupata e aveva lasciato l’abitazione dove precedentemente viveva con la madre e la sorella dopo che le due donne lo avevano denunciato per maltrattamenti. Il 31enne era un abituale frequentatore della piazza di Terno d’Isola, ma la sera che ha ucciso la donna, dopo esser uscito da casa con quattro coltelli, non c’era passato. I due stranieri regolari che hanno agevolato l’indagine erano andati ai carabinieri per fare altre segnalazioni, hanno poi dato indicazioni sul fermato una volta che sono state loro mostrate le immagini. Per identificare Sangare non sono bastate le immagini riprese dalla telecamera mentre era in bicicletta in via Castagnate, dove è accaduto l’omicidio: della sua identità si è avuto conferma da altre telecamere.
Investigatori e inquirenti hanno spiegato che Sangare è stato rintracciato “per strada” ieri mattina, poi portato in caserma e che nelle prime dichiarazioni avrebbe tentato di sostenere che non era presente sul luogo dell’omicidio quella notte. Sangare, quella notte tra il 29 e il 30 luglio scorso, aveva già “incrociato” in bici Sharon Verzeni, che camminava, e ha deciso “di fare inversione di rotta“, girando attorno alla piazza di Terno d’Isola, “di seguire la vittima” e di colpirla in via Castegnate, perché il suo “obiettivo dichiarato era di andare a colpire qualcuno, sentiva l’impulso di andare ad accoltellare qualcuno”, secondo la ricostruzione dell’omicidio fatta durante la conferenza stampa dalla procuratrice facente funzione di Bergamo Maria Cristina Rota e dai carabinieri.
In casa trovata una sagoma per il tiro al bersaglio con il coltello
Nella casa occupata da Moussa Sangare gli inquirenti hanno ritrovato e sequestrato un cartone utilizzato come tiro al bersaglio con sopra disegnata una faccina. Nell’appartamento c’era anche un ceppo da sei coltelli. Due erano ancora presenti, mentre gli altri quattro, che Sangare avrebbe portato con sé la notte dell’omicidio, sono stati ritrovati su indicazione del fermato nell’Adda. Tre erano insieme agli abiti e alle scarpe dell’uomo in un sacchetto ripescato nel fiume dai sommozzatori. Quello che “per lunghezza e larghezza della lama” è “compatibile” con le ferite sul corpo di Sharon ed è ritenuto per questo l’arma del delitto era invece stato sotterrato sull’argine dell’Adda a Medolago.
I vicini di casa di Sangare: “Avevamo paura di lui, era fuori di sè”. Aveva appiccato il fuoco in casa della madre
“Noi avevamo paura di lui. Dicevo a mio marito e a mio figlio di stargli alla larga. Era violento”. A raccontarlo è Clotilda, una vicina di casa di Moussa Sangare. La donna, che abita sopra la famiglia del killer reo confesso nel vicino paese di Suisio, lo descrive come una persona “fuori di sé. Non era gentile – aggiunge Clotilda -, faceva violenza ai suoi familiari, alle tre di notte sembrava che venisse giù il soffitto. Non si parli di un raptus”.
Rispondendo alle domande dei cronisti, ha poi ricordato l’episodio di alcuni mesi fa, quando Sangare avrebbe appiccato il fuoco nell’appartamento in cui vivono la mamma e la sorella. “Lo trovavo qui strafatto nel cuore della notte – ha detto indicando il piccolo cortile interno -, per salire a casa dovevo passare sopra di lui”. Numerose le segnalazioni fatte nell’ultimo anno per denunciare la situazione. “Sono andata personalmente dal sindaco, dagli assistenti sociali, ho chiamato i vigili e i carabinieri. Tutti sapevano. Ma qui deve succedere il fatto perché qualcuno intervenga”.
“Non aveva buoni rapporti con la madre, li sentivo litigare tanto, anche alle tre e alle quattro di notte” ha raccontato un altro vicino di casa di Sangare. “Da quando era tornato dall’America, era diventato diverso, da casa sua si sentivano spesso litigi” ha proseguito l’uomo. “Quattro o cinque mesi fa, aveva dato fuoco alla casa – racconta un altro vicino -. Si faceva qua, si faceva in piazza. Avevo l’intuizione che prima o poi sarebbe successo qualcosa”. Un’altra vicina di casa ha ricordato invece che “qualche mese fa erano intervenuti i carabinieri” perché “aveva menato la sorella”. L’omicidio di Sharon “è stato uno shock. Io ho una bambina piccola – ha detto -, abbiamo paura”. I vicini riferiscono ai cronisti di non sapere nemmeno che Moussa avesse una bicicletta, quella con cui si sarebbe dato alla fuga lungo via Castegnate dopo aver colpito la 33enne.
Amici Sangare: “Due giorni dopo l’omicidio abbiamo fatto una grigliata insieme”
Altri amici ne danno un profilo più normale. “Due giorni dopo l’omicidio abbiamo fatto una grigliata insieme, con altri amici. Era un ragazzo tranquillo, amici da quando eravamo piccoli”, ha detto a LaPresse un compagno di scuola. Molto scossi gli amici di Suisio che raccontano come dopo il viaggio negli Stati Uniti fosse cambiato. “Era una persona buona, era stato in Inghilterra e poi negli Stati Uniti poi era tornato ma era cambiato, diceva che vede auree, energie. Per noi è difficile da credere, immaginiamo sia stato un raptus. Voleva sfondare con il canto, per vivere faceva lavori saltuaria come in pizzeria”.
Legale Sangare: “Verosimile problema psichiatrico”
“E’ molto verosimile che ci sia una problematica psichiatrica, anche se è un discorso prematuro e sarà un tema da approfondire con consulenze ed un’eventuale richiesta di perizia, ma è comunque un aspetto questo rilevantissimo”. Lo ha spiegato l’avvocato Giacomo Maj, legale di Moussa Sangare, fermato per l’omicidio di Sharon Verzeni. Il difensore ha chiarito che il 31enne, nel corso dell’interrogatorio di confessione, ha continuato a ribadire che è stato “un gesto che nemmeno lui si spiega, una cosa senza senso, senza spiegazioni né motivazioni”. Il legale ha precisato che al momento non sa riferire se nel passato di Sangare ci siano statio meno dei ricoveri o delle valutazioni psicologiche o psichiatriche. “Non ne ho contezza, non posso dirlo, perché non ho ancora avuto accesso agli atti”. Non sa dire, allo stato degli atti, nemmeno se per quanto riguarda i presunti maltrattamenti ai danni di madre e sorella “ci fosse ancora solo la denuncia e in che fase fosse il procedimento”. Il difensore ha anche spiegato che il 31enne, interrogato, non avrebbe fatto cenni all’assunzione di alcol o droghe. “Il suo gesto non dovrebbe essere dovuto a queste cose – ha aggiunto il legale – è stata una cosa senza senso, di cui anche lui non sa la motivazione”.