Se davvero quella su Cecilia sala e Mohammad Abedini è una partita incrociata, allora per il momento sembra andare in direzione contraria alle pretese dell’Iran. A decidere sull’eventuale scarcerazione dell’ingegnere in primo luogo sono i magistrati milanesi, spetterà alla corte d’appello, dopo un’udienza collegiale, ormai non prima del 13 gennaio.
Ci si arriverà con il parere espresso oggi dalla procura generale: negativo. L’esperto di sistemi di navigazione per droni e missili, secondo la procuratrice di Milano Francesca Nani, per ora deve rimanere in carcere. Abedini, arrestato a Malpensa il 16 dicembre su mandato americano e detenuto a Opera, nei giorni scorsi ha chiesto i domiciliari in un appartamento messo a disposizione dal consolato, con obbligo di firma e divieto di espatrio.
Secondo la procura generale però ciò non offre adeguate garanzie per contrastare il pericolo di fuga di Abedini, su cui pende la richiesta di estradizione degli Usa. Del resto a Milano c’è un precedente che lo stesso dipartimento di giustizia americano negli atti ricorda all’Italia: quello di Artem Uss, messo ai domiciliari con braccialetto elettronico e poi scappato in Russia.
Certo potrebbe sempre intervenire il ministro della giustizia Nordio, che quella Vìvolta imputò il pasticcio ai giudici milanesi, promuovendo contro di loro un’azione disciplinare finita poi in assoluzione. Ma se il ministro decidesse che Abedini va estradato potrebbe farlo scarcerare all’istante, decisione che però scontenterebbe Washington, secondo cui l’ingegnere è un pericoloso trafficante di armi a favore delle guardie rivoluzionarie. Per il dipartimento di giustizia i suoi sistemi di navigazione sono serviti a comandare anche i droni che l’anno scorso uccisero 3 soldati americani in Giordania.