È attesa per oggi la sentenza del processo Open Arms che a Palermo vede imputato il leader della Lega e vicepremier, Matteo Salvini, accusato di sequestro di persona e rifiuto d’atti d’ufficio per aver impedito per giorni lo sbarco di 147 migranti soccorsi dalla ong spagnola nell’agosto del 2019. Per Salvini, allora ministro dell’Interno, l’accusa ha chiesto sei anni di reclusione. Questa mattina, nell’aula bunker del carcere Pagliarelli, dopo “brevi repliche” dei pm all’arringa del 18 ottobre scorso dell’avvocato di Salvini, Giulia Bongiorno, i giudici entreranno in camera di consiglio per decidere la sorte di Salvini, arrivato all’aula bunker dove ha rilasciato delle dichiarazioni ai giornalisti: “Sono assolutamente orgoglioso di quello che ho fatto, ho mantenuto le promesse fatte, ho contrastato le immigrazioni di massa e qualunque sia la sentenza, per me oggi è una bella giornata perché sono fiero di aver difeso il mio Paese. Rifarei tutto quello che ho fatto e entro in questa aula orgoglioso del mio lavoro”. Il ministro ai giornalisti presenti davanti all’aula bunker ha confermato che comunque in caso di condanna non si dimetterà. 

 

Già in una diretta social di ieri sera il Ministro ha sottolineato che il verdetto è quello di primo grado: “Mi sento un po’ come nella canzone di Venditti ‘Notte prima degli esami’, però sono assolutamente felice e orgoglioso di quello che ho fatto: è solo la sentenza di primo grado e anche in caso di condanna ricordo a tutti che ci sono altri due gradi di giudizio, lo dico soprattutto a chi mi augura la galera”, ha detto.

Le tappe della vicenda

La vicenda è iniziata nell’estate del 2019, quando durante il governo Conte c’è stato un braccio di ferro tra governo e ong per lo sbarco dei migranti. Il 1 agosto la OpenArms, ong catalana, soccorre 124 migranti in acque internazionali e chiede l’assegnazione di un porto sicuro. Italia e Malta lo negano. Il 9 agosto gli avvocati della ong fanno ricorso al tribunale dei minori che verranno fatti scendere tre giorni dopo. Alla Open Arms viene chiesto di andare in Spagna, stato di bandiera della nave. Ma il comandante sulla base delle norme internazionali chiede il porto sicuro più vicino e resta davanti Lampedusa. Intanto vengono soccorse altre 39 persone mente il TAR del Lazio sospende il divieto di ingresso ordinato dal ministro dell’Interno. La ONG presenta anche un esposto alla procura di Agrigento. 

Scesi i più vulnerabili sulla nave restano ancora 88 migranti: dopo 18 giorni in mare la situazione è diventata insostenibile con problemi igienico sanitari e la tensione alle stelle: tanto che una decina di giovani si gettano a mare sperando di raggiungere Lampedusa a nuoto. Il 20 agosto, l’allora procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio sale a bordo e ordina lo sbarco immediato. Subito dopo, la procura di Agrigento iscrive il ministro dell’Interno nel registro degli indagati. Le carte in seguito trasmesse per competenza al tribunale dei ministri di Palermo che formula per Matteo Salvini l’imputazione di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio. A differenza della precedente richiesta sul caso Diciotti, il Senato autorizza a procedere:  il 17 aprile 2021 il gup dispone il rinvio a giudizio e il 15 settembre comincia il processo. 
 

“Ormai ci siamo. Cinque giorni prima del Santo Natale, sapremo se Matteo Salvini è colpevole. Colpevole di aver difeso i confini del nostro Paese dall’invasione di immigrati clandestini”. Così il vicesegretario della Lega Andrea Crippa, intervistato da Affaritaliani.it nei giorni scorsi  “Un’eventuale condanna sarebbe un fatto gravissimo, una condanna all’intero popolo italiano, al Parlamento e quindi al governo eletto direttamente dai cittadini. Tutto il partito è al fianco del suo leader ed è pronto alla mobilitazione in caso di condanna”. Per il presidente della Lombardia, Attilio Fontana, una condanna di Salvini nel processo Open Arms “sarebbe una cosa “incredibile per il nostro Paese”.

Le accuse mosse al ministro riguardano il blocco dello sbarco di 147 migranti nell’agosto 2019, decisione che, secondo i sostenitori del Carroccio, era parte integrante delle politiche di controllo delle frontiere del governo di allora.  

Dopo la richiesta di condanna a sei anni al processo sulla vicenda Open Arms, Matteo Salvini aveva pubblicato un video sui social che tutt’ora è fissato in alto sui suoi profili. Il vicepremier nell’ormai famoso video parla su uno sfondo scuro, spiegando le sue ragioni e chiamando a raccolta i militanti a protestare anche con manifestazioni di piazza contro quello che definisce un “processo politico”.

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