Oggi, 21 marzo in occasione della Giornata della Memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, abbiamo intervistato il criminologo Vincenzo Musacchio, da anni impegnato in prima linea nel contrasto alla criminalità organizzata.

Professore, com’è cambiata la mafia in questi ultimi anni?
È talmente cambiata che da anni i suoi mutamenti hanno determinato l’esistenza di nuove mafie totalmente diverse da quelle del passato. Si è evoluto il metodo mafioso, gli strumenti operativi e i settori di pertinenza. Le nuove mafie oggi sono transnazionali, mercatistiche, corruttive, tecnologiche e invisibili. Operano nei mercati economici e finanziari, utilizzano le criptovalute riciclando e reinvestendo i proventi criminosi.

Che significato ha per lei la data del 21 marzo?
Non amo particolarmente le ricorrenze che spesso restano sterili, ma in questo caso mi piace pensare che l’accostamento con la primavera non sia casuale. Se per un momento scollegassimo questa data dal singolo giorno e ci concentrassimo su un respiro più ampio, potremmo vivere il 21 marzo anche nei restanti 364 giorni. Dovremmo recuperare ogni giorno l’attenzione al ricordo delle vittime, che ha una funzione fondamentale anche per contrastare l’oblio attuale, figlio di nuove e pericolose anestetizzazioni sociali.

Qual è oggi la percezione della criminalità organizzata e della lotta alle mafie da parte dei più giovani?
Per una fascia di gioventù purtroppo c’è il vuoto. Questo ci deve preoccupare e non poco. Un ragazzo oggi poco più che ventenne non era neanche nato quando furono uccisi Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. La maggior parte dei ragazzi ignora cosa sia stato il maxiprocesso di Palermo contro la mafia. I più giovani, inoltre, non hanno modelli positivi, sono più fragili e spesso disinteressati delle problematiche che li circondano. Questa visione fortunatamente ammette anche prova contraria sull’esistenza di giovani che possiamo considerare invece figli di un impegno instillato nel tempo attraverso l’educazione alla cultura della legalità. C’è una società civile attiva fatta anche di giovani e sulla quale onestamente nutro molte speranze.

Come ha in precedenza detto lei, le nuove mafie operano sempre più di frequente nei mercati economici e finanziari, noi cosa stiamo facendo per contrastare questa trasformazione?
Poco o nulla. Una parte consistente del commercio globale attuale si concentra su piattaforme digitali, e le nuove mafie si sono rapidamente adattate a questi sviluppi. Questa evoluzione le rende indubbiamente più pericolose rispetto alle loro antiche antesignane. Le mafie digitali, per mezzo delle nuove tecnologie, possono arrecare danni economici poco evidenti nel breve termine, ma devastanti nel lungo periodo. Su questi aspetti credo non abbiamo ancora sviluppato gli anticorpi necessari. C’è un evidente deficit di mezzi e risorse sull’attività di contrasto.

Cosa occorre per garantire strategie di contrasto più efficaci?
Servono norme nazionali più moderne, efficaci e coordinate, abbiamo anche bisogno dell’armonizzazione delle legislazioni antimafia esistenti nei vari Stati membri dell’Unione europea. Incomincerei ponendo rimedio a questi due grandi limiti. Ci sono, inoltre, paradisi fiscali, anche in Europa, che garantiscono regole meno rigide e assicurano ai mafiosi canali sicuri per incrementare guadagni significativi. Parliamo di risorse economiche pari a bilanci di uno Stato. Svizzera, San Marino, Austria, Slovenia, Lussemburgo, Irlanda sono nazioni dove il segreto bancario offre protezione nell’ambito privato dei clienti degli istituti bancari. Esistono mafie come la ‘ndrangheta che sono ormai molto attrezzate a muoversi sui sistemi finanziari digitali usando, criptovalute e intelligenza artificiale. Andrebbe rivisto il metodo-Falcone aggiornandolo alle ultime evoluzioni nelle economie digitali. Servono nuovi sistemi di tracciamento e algoritmi idonei per smascherare operazioni sospette anche online.

In Unione europea, invece, come ci stiamo muovendo per contrastare questi nuovi fenomeni criminali?
Per contrastare efficacemente le nuove mafie in Europa occorre affinare le strategie di lotta contro la criminalità finanziaria e la corruzione. La criminalità organizzata nell’ultimo trentennio è diventata sempre più simile a una multinazionale. In Europa domina la finanza. Ancora oggi esistono troppi flussi economici incontrollati che generano benefici anche per le organizzazioni criminali. Da questo punto di vista bisogna agire anche nei confronti dei grandi operatori dei mercati internazionali. Nel traffico di sostanze di stupefacenti, ad esempio, ci sono troppe società che fanno con troppa facilità operazioni finanziarie dubbie. Manca in Europa una trasparenza sufficiente a garantire transazioni sicure. Occorrerà creare nuovi meccanismi di tracciamento nella filiera degli stupefacenti e, più in generale, le transazioni nei settori più controversi, sui quali operano anche le organizzazioni criminali.

Secondo lei i governi italiani hanno ben operato negli ultimi anni?
Restano irrisolti e mai affrontati problemi essenziali che riguardano i rapporti mafia-politica-economia che si sono determinati nello scenario politico-istituzionale italiano. Le mafie oggi concorrono alla produzione della politica agendo all’interno della cd. società civile in vari modi: uso politico della violenza e della corruzione, formazione delle rappresentanze nelle istituzioni politiche ed economiche, controllo sull’attività politico-amministrativa. A oggi manca la volontà e soprattutto la competenza specifica. Le forze politiche di Governo annaspano alla ricerca di un’identità perduta, la società civile è confusa. La lotta alla mafia non può non essere un tema nodale per il nostro Paese ma questo richiede progettazione e una capacità di legare insieme valori che rischiano di svuotarsi sempre di più e bisogni crescenti ma senza adeguata rappresentanza. Se si perde anche quest’occasione per creare una nuova legislazione antimafia che sia l’evoluzione di quella scritta da Giovanni Falcone negli anni Novanta, il futuro vedrà la sconfitta dello Stato e la definitiva vittoria delle mafie.

La criminalità organizzata contemporanea ha ancora il controllo del territorio?
Il vincolo associativo oggi non si regge più sull’intimidazione ma sul profitto e sulle ripartizioni di grandi ricchezze. Il consenso oggi è acquisito proprio creando il cosiddetto “welfare mafioso” approfittando della forte sofferenza economica che caratterizza alcune aree del Paese, in special modo in tempi di crisi economica mondiale. Oggi c’è solidarietà e un comune sentire tra operatori economici, mafiosi e professionisti al loro servizio, fatto d’insofferenza alle regole imposte dallo Stato. Il mafioso oggi afferma: io do lavoro, lo Stato no, io evito il fallimento, lo Stato no. Così diventano benefattori e come ho detto prima, sono ricercati anche per costituire e per portare a termine rapporti di reciproca convenienza non solo economica. La situazione da un punto di vista infrastrutturale è perfino peggiorata. Tutto questo è terreno fertile per le mafie.

Chiudiamo con un messaggio di speranza?
Aristotele grande filosofo dell’antica Grecia diceva che la speranza è un sogno fatto da svegli. Speriamo che arrivi il tanto agognato cambiamento anelato da Paolo Borsellino nella vita di tutti noi. “La lotta alla mafia deve essere un movimento culturale e morale che coinvolga tutti, specialmente le giovani generazioni, le più adatte a sentire subito la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, della indifferenza, della contiguità, quindi complicità”. Abbiamo bisogno di coraggio, nel rispetto di noi stessi e degli altri, che deve servirci finalmente da stimolo per l’azione. Finirà anche la notte più buia e tornerà a sorgere il sole più splendente di prima. Auguriamoci che da questa fase di stallo ognuno possa trarre insegnamento per migliorare se stesso e l’ambiente in cui vive. Solo così le mafie saranno sconfitte.

Vincenzo Musacchio, criminologo, docente di strategie di lotta alla criminalità organizzata transnazionale, associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). È ricercatore indipendente e membro dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. Nella sua carriera è stato allievo di Giuliano Vassalli, amico e collaboratore di Antonino Caponnetto, magistrato italiano conosciuto per aver guidato il Pool antimafia con Falcone e Borsellino nella seconda metà degli anni Ottanta. È tra i più accreditati studiosi delle nuove mafie transnazionali. Esperto di strategie di lotta al crimine organizzato. Autore di numerosi saggi e di una monografia pubblicata in cinquantaquattro Stati scritta con Franco Roberti dal titolo “La lotta alle nuove mafie combattuta a livello transnazionale”. È considerato il maggior esperto europeo di mafia albanese e i suoi lavori di approfondimento in materia sono stati utilizzati anche da commissioni legislative in ambito europeo.

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