Nonostante lo choc e il dolore devastante, il sangue freddo nel saper distinguere tra chi fa in coscienza il proprio lavoro e chi no.

Così Yehia Elgaml, padre di Ramy, il 19enne morto tra il 24 e il 25 novembre, a Milano, durante un inseguimento con i Carabinieri, di cui sono trapelati i video, ha commentato le immagini che hanno scosso l’opinione pubblica: “Quelli che ho visto nel video, uno, due, tre, sono carabinieri sbagliati. Ma ci sono anche i Carabinieri veri. Non sono tutti uguali, e ho fiducia in quelli giusti”. 

Ciò non esclude la rabbia, diretta conseguenza del più grande dolore che un genitore possa provare: quella della perdita di un figlio. 

“Negli ultimi trenta secondi di quel filmato terribile ho visto mio figlio morire per la seconda volta davanti ai miei occhi. Il motorino a terra, mio figlio su quel palo, schiacciato. Quel carabiniere non ha figli, non può avere figli…non può capire”.

“Quando ho visto quei filmati, la morte di Ramy in diretta, mi sono arrabbiato di più del giorno in cui è successo, non si può fare così con dei ragazzi, li hanno inseguiti per venti minuti, per otto chilometri. Il carabiniere che dice ‘bene’, quando gli dicono che sono caduti. Bene? Non va bene per niente”, aggiunge. 

“Con un cane a terra si sarebbero fermati”, afferma infine Yehia Elgaml.

“Anche le parole, di tutti i Carabinieri…’è caduto,  bene’. No! Come bene? Perché bene? Non va bene così, non hanno figli loro?”.  Nonostante ciò il padre ha espresso “fiducia nella giustizia italiana, al 100%”.

“Li hanno inseguiti per 20 minuti, perché? Potevano prendere la targa e andarli a prendere dopo due ore, tre ore, a casa?”, ha aggiunto il padre, 61anni, originario del Cairo e da 18 anni in Italia.

“Quando ho visto mio figlio morto investito, sotto la Gazzella dei Carabinieri, mi sono sentita male”, ha detto ai giornalisti la madre. “Ma poi, dopo 45 giorni, ho potuto dormire. Perché quel video vuol dire che la verità sta arrivando, non è stata coperta”.  

“Nessuno ci ha chiesto scusa – ha aggiunto la donna, che ha altri tre figli, due maschi e una femmina, uno solo dei quali vive a Milano mentre i maggiori stanno al Cairo – Nessuno di loro ci ha chiamato, anche per un incontro, saremmo andati”.

Le immagini e frasi choc nel video trasmesso dal Tg3

Torna così a far discutere l’incidente avvenuto il 24 novembre scorso al quartiere Corvetto di Milano.

Ci saranno valutazioni in Procura a Milano anche sulla possibilità di contestare l’ipotesi di reato di omicidio volontario con dolo eventuale nel caso della morte di  Ramy. E ciò proprio in relazione ai filmati agli atti che mostrano le fasi dell’inseguimento. 

Al momento il carabiniere che era alla guida è indagato per omicidio colposo stradale, assieme a Bouzidi. Gli inquirenti, però, da quanto si è saputo, dovranno valutare anche l’ipotesi di omicidio con dolo eventuale nel caso da contestare ad uno o più carabinieri. 

Nelle immagini riprese da un’auto dei carabinieri, agli atti degli inquirenti e trasmesse ieri sera da Tg3, si vede un primo impatto tra la gazzella dei militari e lo scooter sul quale ci sono due ragazzi: Ramy e il conducente Fares Bouzidi,22enne tunisino. Dopo questo primo impatto, il mezzo a due ruote non cade. E nel servizio tv si sentono, in successione, diverse frasi choc dei carabinieri. Una prima (“vaff… non è caduto”), pronunciata dopo lo speronamento. Una seconda frase simile, nel corso dell’inseguimento: “Chiudilo, chiudilo… no, mer… non è caduto”. Infine la terza frase, alla fine della corsa tra le strade del centro di Milano, quando sembra effettivamente esserci un ulteriore contatto, come testimoniano le immagini riprese questa volta da una telecamera del Comune. 

 

I due ragazzi perdono il controllo del mezzo e a quel punto i carabinieri avvertono via radio che i due “sono caduti”, in via Quaranta. E un loro collega risponde, sempre via radio, “bene”.   Agli atti degli inquirenti ci sono anche le immagini di due carabinieri che, dopo l’incidente, si avvicinano a un giovane sul marciapiede, che alza le mani in alto. Si tratta di Omar, il testimone che ha detto di aver ripreso tutto, aggiungendo che i militari dell’Arma gli avrebbero intimato di cancellare il filmato. 

 

I legali dei familiari di Ramy, gli avvocati Debora Piazza  e Marco Romagnoli, hanno commentato a caldo le immagini inedite: a loro avviso si tratta di “omicidio volontario” e non stradale.   Come già noto dal dicembre scorso, la Procura di Milano ha iscritto nel registro degli indagati – contestando, a vario titolo, falso e frode processuale e depistaggio – almeno due carabinieri, mentre il militare alla guida della gazzella era già stato iscritto per omicidio stradale, come il 22enne che conduceva lo scooter. 

 

In particolare, si indaga per depistaggio in merito alla presunta cancellazione del video del testimone, quello ripreso dalle telecamere. 

 

Due manifestazioni per chiedere ‘Giustizia per Ramy’

Esiste una Milano antirazzista che chiede Verità e Giustizia per Ramy e Fares!” questo lo slogan con cui le varie realtà che aderiscono al ‘coordinamento antirazzista’ danno appuntamento per sabato 11 gennaio alle ore 17:30 in Piazza San Babila, a Milano. L’invito alla manifestazione è stato pubblicato sui social e hanno già aderito realtà come il centro sociale Cantiere e lo spazio mutuo soccorso, che precisano che saranno anche oggi in piazza per il corteo che partirà alle 18 da piazza XXIV maggio, lanciato dal collettivo Rebelot “per ricordare Ramy e per chiedere giustizia”.

“Sono settimane ormai che Milano è oggetto di una propaganda inutile sulla “sicurezza”: ma quale, ci chiediamo? Per noi scrivono gli organizzatori del corteo di stasera sui social – sicurezza è non venir uccisi dai carabinieri per un illecito amministrativo: non erano necessari 8 km di inseguimento, bastava prendere una targa”. 

Dopo l’incidente, a novembre, il quartiere Corvetto ha vissuto notti di tensione, con atti di vandalismo compiuti da qualcuno che chiedeva giustizia per il giovane egiziano morto. “La presunzione di innocenza deve essere applicata anche ai carabinieri” aveva dichiarato il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, proprio commentando i fatti del 24 novembre. 

“Chiudilo che cade!”: i commenti dall’auto dei carabinieri con la dashcam all’inseguimento di Ramy (Rai3)

Ex capo della polizia: “Inseguimento di Ramy non fatto in modo corretto”

“Se il tema è fermare una persona che sta scappando, non posso metterla in una condizione di pericolo”: l‘ex capo della polizia Franco Gabrielli, ora consulente alla Sicurezza del sindaco di Milano, intervistato a 24 Mattino su Radio 24 ha parlato dell’inseguimento in cui è deceduto lo scorso 24 novembre Ramy Elgaml spiegando che “è ovvio che quella non è la modalità corretta con cui si conduce un inseguimento perché c’è pur sempre una targa, un veicolo”.

“Esiste un principio fondamentale – ha spiegato – ed è quello della proporzionalità delle azioni che devono essere messe in campo per ottenere un determinato risultato: io posso addirittura utilizzare un’arma se è in pericolo una vita, ma se il tema è fermare una persona che sta scappando, non posso metterla in una condizione di pericolo. Questo è un elementare principio di civiltà giuridica”.

La vicenda, per cui sono indagati Fares Bouzidi, il ragazzo che guidava lo scooter su cui era anche Ramy, e alcuni carabinieri ha scatenato la polemica politica che Gabrielli, parlando anche di “eccessiva criminalizzazione degli operatori delle forze dell’ordine”, vorrebbe frenare.

“Non ci dividiamo – ha invitato – sempre da chi fa la difesa a prescindere, che ad esempio dal mio punto di vista è un atteggiamento pericoloso perché la difesa a prescindere introduce un elemento di senso di impunità, e dall’altra l’accusa a prescindere cioè la criminalizzazione a prescindere e il fatto che le forze di polizia siano sempre o debbano essere sempre sul banco degli imputati”.

Gasparri: “Difendo i carabinieri”

A difesa dell’arma dei carabinieri, dopo la diffusione dei video dell’inseguimento di Ramy che hanno mostrato quanto accaduto, scende in campo il presidente dei senatori di Forza Italia: “Voglio rinnovare lo sgomento per la morte di Ramy. Io ho visto le immagini che circolano in queste ore e ho visto anche quelle passate. Innanzitutto, la motocicletta ha girato contromano a una velocità estrema nel pieno centro di Milano e poteva causare una strage. Secondo poi, se Ramy e questo suo amico si fossero fermati ai controlli tutto questo non sarebbe successo. Lo hanno fatto per paura? Perché avevano qualcosa da nascondere?”, ha dichiarato Gasparri a Mattino Cinque.

“Rimane il fatto che si sono sottratti a una normale verifica di controllo, a cui tutti possiamo essere sottoposti -ha proseguito il senatore di Forza Italia-. Quindi io difendo, ancora oggi e ancora di più, quei carabinieri. Come difendo quel carabiniere che giorni fa a Verucchio ha impedito a un egiziano di continuare a fare una strage perché stava accoltellando i passanti ed il carabiniere ha dovuto sparare quando gli si è avvicinato troppo e stava per accoltellare anche lui. Dobbiamo quindi difendere le Forze di polizia perché l’inseguimento era da protocollo, giusto e doveroso. Cosa dovremmo fare ora, impedire alle Forze di polizia di fare i controlli e inseguire chi scappa? E l’accusa di razzismo è infondata dato che non potevano sapere chi stavano per fermare ad un controllo di routine. Questa accusa di razzismo dimostra la malafede di chi difende le persone che compiono reati. Questo filmato dimostra solo che i carabinieri hanno ragione e vanno difesi”.

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