Roman Polanski, 90 anni da inarrestabile, omicidi e scandali. E un amico particolare, Barbareschi- Corriere.it

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di Giuseppina Manin

Il regista arriva al traguardo con un film a Venezia: «The Palace» prodotto dall’italiano

Domani Roman Polanski compirà 90 anni. Ma crederci è difficile, visto il piglio giovanile, l’energia, lo humor inscalfibile di questo regista tra i più geniali e singolari della storia del cinema. Piccolo di statura, fisico asciutto, nervoso, sguardo penetrante e malinconico, capelli bianchi spettinati, jeans e giacca di pelle nera, sempre pronto a rimettersi dietro la macchina da presa. Un film via l’altro, uno più sorprendente dell’altro. L’ultimo, The Palace, folle notte del capodanno 2000 in un grande albergo svizzero, a Gstaad, dove Polanski ha casa. Commedia nerissima e provocatoria, protagonisti dei ricconi viziati e viziosi che lì si ritrovano per dar sfoggio di stravaganze di ogni tipo mentre la fine del mondo incombe. Il 2 settembre l’anteprima alla Mostra del Cinema di Venezia. Polemiche e risate garantite.

Novant’anni così, prova provata che il tempo non scorre uguale per tutti, vanno festeggiati. A suo modo, senza clamore, a Parigi con la moglie Emmanuelle Seigner, i figli Morgana e Elvis, e un ristretto gruppo di amici. Tra questi Luca Barbareschi, produttore italiano dei suoi titoli più recenti, da L’ufficiale e la spia, al documentario Hometown, a The Palace, dove è anche nel cast con Olivier Masucci, Fanny Ardant, John Cleese, Mickey Rourke. «Ci vogliamo bene da 50 anni — racconta Barbareschi —. Roman è l’uomo più buono e gentile mai incontrato, oltre che l’artista straordinario che conosciamo. Nell’ultimo ciak di The Palace ha insistito per inquadrare un particolare del mio scarpone da neve. Mi ha detto: “Dio è nel dettaglio”».

E tra i dettagli del compleanno c’è pure il giorno in cui cade. Venerdì, come il 18 agosto 1933, quando Rajmund Roman Thierry Liebing (vero nome del futuro Roman Polanski) viene al mondo a Parigi da una famiglia di ebrei polacchi. Tre anni dopo è già partito. Per sfuggire all’antisemitismo montante in Francia, suo padre decide di tornare a Cracovia. Pessima idea, visto che poco dopo i nazisti occupano la Polonia, Roman e i suoi vengono chiusi nel ghetto, la madre morirà a Auschwitz, il padre sopravviverà a Mauthausen. E lui, a sei anni, dovrà cavarsela da solo. «Un fardello di memoria portato tutta la vita» che racconterà ne Il pianista, Palma d’oro a Cannes, tre Oscar.

Ma intanto, il ragazzino del ghetto deve far fronte a un calvario destinato a non finire. A salvarlo arriva il cinema. Si diploma alla Scuola di Lódz, il primo film nel‘62, Il coltello nell’acqua, lo scrive con Jerzy Skolimowski, amico sceneggiatore che ora firma anche The Palace. La Polonia gli va stretta. Polanski inizia il suo errare di déraciné. In Gran Bretagna gira tre film che lo incoronano regista di noir morbosi e beffardi, da Repulsion a Cul-de-sac a Per favore non mordermi sul collo. Di quest’ultimo è anche protagonista a fianco di Sharon Tate. Che diventerà sua moglie e morirà nell’eccidio di Bel Air, scannata incinta di otto mesi con altre quattro persone da Charles Manson e le sue seguaci. Roman, che in quei giorni si trova a Londra, è devastato. Eppure c’è chi cerca di addossargli la colpa accusandolo di aver trafficato con il diavolo sul set del sulfureo Rosemary’s Baby.

I titoli successivi, Macbeth e Chinatown
, sono improntati al più cupo pessimismo. Ma quello che forse di più svela l’animo piagato del regista è L’inquilino del terzo piano. L’incubo surrealista di Topor, la cospirazione messa in atto verso un timido impiegato dai condomini decisi a spingerlo al suicidio, è per Polanski metafora potente, tanto da interpretarlo lui stesso. Cinema allucinato e allucinante, capace di esplorare zone oscure con l’arma dell’assurdo, mescolando paura e risate. Ma anche cinema che si fa satira grottesca, o che attinge alla letteratura, vedi Tess e Oliver Twist. Prolifico, Polanski si cimenta con i generi più disparati. E anche a teatro.

Nel ‘77, dopo un party a casa di Jack Nicholson, viene accusato di aver violentato una ragazzina di 13 anni, Samantha Geimer. Si fa 42 giorni dietro le sbarre, il giudice intenzionato a dargli 50 anni di carcere, Roman fugge in Francia. Negli Usa non tornerà più. Iscritto nella red notice dell’Interpol, nel 2009 viene arrestato a Zurigo: farà un anno di arresti domiciliari. Nonostante Samantha Geimer abbia dichiarato di considerare chiusa la faccenda, nuove accuse si aggiungono: la modella Valentine Monnier, a 63 anni sostiene di esser stata abusata da lui quando ne aveva 18, l’attrice Charlotte Lewis, a 43 anni riferisce molestie sul set di Pirati quand’era sedicenne.

Il filone giudiziario è ancora aperto. E all’amico Horowitz che in Homeland gli chiede: «Se ti dicessero che puoi rivivere la tua vita così com’è stata, accetteresti?», Polanski non esita: «No, vorrei essere nato alle Hawaii».

17 agosto 2023 (modifica il 23 agosto 2023 | 11:48)

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