La serie scritta e diretta di Danny Glover e interpretata da Dominique Fishback indaga sulle manie di una fan che non accetta critiche e sconfina nella follia e nell’omicidio
La storia di una ossessione per l’esibizione della celebrità con tutti i suoi rituali del saranno famosi o della fama alla Woody Allen, un thriller che parte e arriva alle stazioni di una psicopatologia derivante dall’ammirazione sfrenata e acritica e dalla funzione di fan. Perché questo “Sciame” pensato, scritto e diretto da Danny Glover con la sua collaboratrice di “Atlanta” Janine Nabers è, portata agli estremi, la storia infiltrata di pazzia di una ragazza che ammira sconfinatamente la sua pop star e non accetta critiche: nel caso qualcosa o qualcuno si ponga in mezzo, si uccide. E la voce social chiede: cosa sareste disposti a fare per la persona che amate di più? Ed è così che i fan club possono diventare tossici e istigatori di omicidi seriali, come avviene in questo caso, con momenti gore e trash.
Un cartello, prima di ognuna delle brevi puntate di mezz’ora ciascuna di “Sciame” (Swarm, è letterale), si affretta a informare e ripetere che non si tratta di finzione ma di cose vere (realtà, signori, direbbero i sei personaggi di Pirandello) che i bene informati collegano al fandom di Beyoncè come prototipo di questa pop star che nella serie si chiama Ni’jah ed è una vera diva, cui capitano cose da vere dive, anche un morso in pieno viso durante un party e così chi vuole fa i suoi giochi di comparazione. Il thriller è negli occhi allucinati della bravissima e quasi molesta Dominique Fishback (vista in Show me a hero, The deuce, qui anche produttrice) che, pur gestendo per la sua star mezzo milione di follower, vive isolata nella sua ossessione e la sua mente è come un nido d’api che a un certo punto cominciano a ronzarle intorno. E così accadono i terribili episodi horror sadici in cui perdono la vita alcuni innocenti colpevoli solo di essersi sovrapposti tra la fan Dre e la sua regina che incontrerà alla fine in un inatteso quanto fittizio lieto fine che viene infatti commentato quasi brechtianamente.
Ma la serie gira è come un tour per l’America, dal Texas alla California al Tennessee, lasciando in case, giardini, auto cadaveri senza perché. C’è qualcosa di intenzionale nella violenza della protagonista, il che fa dire alla sceneggiatrice che somiglia alla “Pianista” di Haneke (sarà, si aprono dibattiti), mentre l’altro titolo di riferimento, più evidente, è “Elephant” di Gus Van Sant. Certo la protagonista afro americana, tiene stretta con sé una sofferenza antica, i suoi sguardi sono da antologia del crimine, come fosse sempre inserita dentro una sua specifica paranormalità, una vitalità animalesca che la imparenta con ogni american horror story di Ryan Murphy, ogni american psycho da Hitchcock in poi, ogni luce al neon che si riflette nel sangue sparso inutilmente. Sarebbero poi tutti da analizzare i rapporti femminili tra l’invasata Dre che vive solo per il suo mito dello show canoro e le sue amiche nemiche tra cui alcune ragazze da peep show con cui avrà una tragica, notturna avventura. Tra le sorprese della serie in programazione su Prime video.com, la partecipazione di Billie Eilish, la guest star Paris Jackson, figlia di Michael e anche (perché forse il razzismo c’entra più di quanto sembri) la partecipazione, tra gli sceneggiatori, di Malia Obama, figlia del presidente. Girata in pellicola per volere di Glover, “Swarm” col suo ronzio invadente nei momenti clou (ma ci sono precedenti simili di film horror con api e affini) è capace di produrci una seria molestia psico uditiva e lasciarci seri dubbi sul Perché con la maiuscola questi fatti possono accadere.
24 maggio 2023 (modifica il 24 maggio 2023 | 07:59)
© RIPRODUZIONE RISERVATA