“Non c’è nessuna forma di ribellismo illegale o istituzionalmente incompatibile, ma si tratta di rendere palese ai cittadini – e il giorno dell’inaugurazione dell’anno giudiziario è un giorno importantissimo – delle ragioni per cui riteniamo che il disegno costituzionale non vada nel segno di un miglioramento della giustizia e del rafforzamento delle garanzie d’indipendenza e autonomia” ha detto il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Giuseppe Santalucia, a margine del Consiglio direttivo che deciderà le modalità della protesta contro la separazione delle carriere. “Abbiamo il dovere di dirlo, siamo assolutamente fedeli alla Repubblica”.
E, proprio a proposito delle modalità di protesta, l’Associazione dei magistrati (già sul piede di guerra da tempo) non ha escluso lo sciopero: “È una delle opzioni”, ha detto Santalucia nei giorni scorsi. “Il percorso della riforma costituzionale è lungo, vedremo se e quando farlo, ma non è per niente escluso”.
Carlo Nordio, l’autore della riforma sulla separazione delle carriere (Massimo Di Vita/Archivio Massimo Di Vita/Mondadori Portfolio via Getty Images)
“Non amo la parola protesta ma preferisco la parola proposta, ma ahimè qui proposte di emendamento che rendano il testo costituzionalmente digeribile non ce sono. È un testo che andrebbe totalmente eliminato” ha poi continuato Giuseppe Santalucia. Che ha sottolineato ancora: “Noi riteniamo inemendabile il testo. Quindi coltiviamo l’unica arma di cui siamo capaci, che è il ragionamento e l’argomentazione. Spiegheremo in tutte sedi possibili, anche e soprattutto in vista della consultazione referendaria, le ragioni della contrarietà, che nulla hanno a che vedere con gli interessi corporativi”.
“Questa riforma non si occupa di rendere migliore la giustizia ma la affossa” ha rincarato il presidente dell’Anm. “È un passaggio epocale, ma non come lo intende il ministro. La riforma non migliorerà la giustizia ma indebolirà l’ordine giudiziario sulla falsa premessa che ha invaso lo spazio degli altri poteri. Il cittadino, in tutto questo, è il grande assente, è una partita che si gioca da 30 anni tra politica e giurisdizione”. Per Santalucia, “il prezzo finale, in termini dolorosi, lo pagherà la cittadinanza”.
L’iter della riforma
La riforma modifica il Titolo IV della Costituzione con l’obiettivo di separare le carriere dei magistrati requirenti e giudicanti e vengono previsti due distinti organi di autogoverno, il Consiglio superiore della magistratura giudicante e il Consiglio superiore della magistratura requirente.
Il disegno di legge, che venne presentato dal governo a Montecitorio a metà giugno dello scorso anno, ha incassato 174 voti favorevoli, 92 contrari e 5 astenuti. Oltre alla maggioranza, hanno votato a favore Azione e Più Europa mentre Italia viva si è astenuta in quanto, pur concordando con la ratio della riforma, ha espresso contrarietà sul sistema del sorteggio per i componenti laici e togati dei due Csm. Hanno votato contro invece Pd, M5s e Avs.
Ma l’approvazione alla Camera è solo il primo passo del disegno di legge: innanzitutto, dovrà passare l’esame del Senato e se ci saranno modifiche al testo ritornare a Montecitorio. Essendo una riforma costituzionale, occorreranno però quattro letture conformi da parte dei due rami del Parlamento. E, poiché difficilmente i voti favorevoli nelle ultime due letture saranno pari alla maggioranza di due terzi, si andrà quasi certamente al referendum confermativo.
Per l’opposizione il percorso del governo è chiaro e coerente: sta costruendo un sistema autoritario e privo di controlli: dall’eliminazione del reato di abuso d’ufficio, al ridimensionamento delle norme anticorruzione, all’indebolimento della Corte dei Conti.
“Questa deriva autoritaria si ispira al modello ungherese e mira a costruire un’Italia in cui la magistratura risponda al potere esecutivo, l’informazione sia imbavagliata e le libertà individuali gravemente compromesse”. Così Angelo Bonelli, deputato di Avs, in dichiarazione di voto – “Gli attacchi del governo contro i magistrati sono gravissimi. Ricordiamo il caso della giudice Silvia Albano, messa alla gogna sui social da Matteo Salvini e ora costretta a vivere sotto scorta. La realtà è che questo governo sta costruendo un sistema disuguale e autoritario che favorisce i potenti e penalizza i più deboli”, aggiunge.
“Si dice che la riforma serva per limitare lo strapotere del Pm nel processo. Ebbene, cosi come scritta determinerà esattamente il contrario. Indebolimento dell’ordine giudiziario e rafforzamento del pm che, già dotato di un proprio apparato di polizia giudiziaria, avrà anche di un proprio CSM con cui si autogovernerà. Non era meglio occuparsi del sovraffollamento delle carceri, o del processo telematico penale che non funziona, o del piano strategico delle assunzioni per il sistema giustizia ormai al collasso per evitare che le udienze vangano fissate al 2030? O delle richieste di maggiori investimenti che i giudici chiedono per fare le indagini sempre più complesse e combattere la criminalità organizzata? Questi sono i problemi che interessano i cittadini e gli operatori del diritto.” Così la deputata democratica e responsabile nazionale Giustizia del Pd, Debora Serracchiani, intervenendo in Aula durante la dichiarazione di voto.