Nuovi sviluppi in merito alla morte di Satnam Singh, il bracciante agricolo rimasto ucciso mentre lavorava nelle campagne di Latina, dissanguato a causa della emorragia causata da un macchinario agricolo in cui si era incastrato col braccio. 

Con l’accusa di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro pluriaggravato è scattato l’arresto di due persone ritenute responsabili e in concorso tra loro. I provvedimenti sono stati eseguiti dai carabinieri del comando provinciale di Latina.

Secondo indiscrezioni, uno di loro sarebbe Renzo Lovato, cotitolare dell’azienda assieme al figlio, accusato di omicidio colposo. 

 

 

Il gip parlò di “condotta disumana”

La vicenda del 30enne indiano nell’estate del 2024 ha riempito a lungo le pagine dei giornali gettando un’ulteriore attenzione al tema dello sfruttamento dei migranti nelle campagne italiane, anche alla luce del comportamento del suo datore di lavoro, accusato di averlo lasciato agonizzante a morire dopo aver perso l’arto: Satnam Singh, se fosse stato soccorso per tempo, si sarebbe potuto infatti salvare. 

Singh, che non aveva un contratto di lavoro regolare, venne agganciato dal macchinario avvolgiplastica a rullo, trainato da un trattore, che gli ha tranciato il braccio destro e schiacciato gli arti inferiori. Nessuno chiamò i soccorsi: l’uomo fu caricato su un van e abbandonato nei pressi della propria abitazione, mentre il braccio tranciato era stato lasciato in una cassetta per la raccolta degli ortaggi.

E aveva suscitato indignazione l’intervista al Tg1, quando Renzo Lovato, titolare della ditta dove lavorava la vittima, e già indagato dal 2019 per caporalato, aveva detto ai giornalisti che Singh aveva “commesso una leggerezza costata cara a tutti”.

Ad essere indagato per omicidio colposo e omissione di soccorso è stato poi il figlio di Renzo Lovato, Antonello: dalle carte era emerso come il 39enne, oltre ad aver abbandonato brutalmente il corpo di Singh di fronte alla sua abitazione,  avesse anche intimato altri lavoratori il silenzio di fronte alla tragedia avvenuto sotto i loro occhi. 

“Prescindendo da valutazioni etiche (irrilevanti per il diritto penale) che pure si imporrebbero a fronte di una condotta disumana e lesiva dei più basilari valori di solidarietà, non può sottacersi che l’indagato si è intenzionalmente e volontariamente disinteressato delle probabili conseguenze del suo agire”. A scriverlo il gip di Latina, Giuseppe Molfese, nell’ordinanza cautelare in carcere emessa a carico dell’imprenditore.

 

Secondo l’avviso di chiusura delle indagini preliminari nel giugno 2024, il rappresentante legale dell’Agrilovato società cooperativa agricola, poi messa sotto sequestro, e il suo socio, Massimo Varelli, avrebbero recuperato manodopera per i campi grazie all’intermediazione di un caporale indiano, tale Uttam Paul. 

Il business della loro azienda si basava dunque anche sullo sfruttamento dei braccianti, pagati a cottimo molto al di sotto del limite imposto dalla legge, cioè 8,65 euro all’ora, per un lavoro di ben oltre 8 ore al giorno, senza straordinari e pause adeguate, senza bagni e acqua corrente. Molti senza contratto e anche senza un permesso di soggiorno regolare, proprio come Satnam Singh.

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