Decine di bottiglie di alcolici pregiati, tra cui ovviamente tanto champagne, per un valore di diverse centinaia di migliaia di euro. Le hanno messe sul tavolo, se proprio così si può dire, Stefania Nobile, figlia di Wanna Marchi, e l’ex compagno Davide Lacerenza, arrestati il 4 marzo scorso nell’inchiesta milanese con al centro la Gintoneria e il privé La Malmaison su un presunto giro di prostituzione e droga, per arrivare a dei patteggiamenti che hanno già avuto il via libera della Procura e su cui dovrà decidere un giudice.

 

L’accordo per patteggiare tra gli inquirenti milanesi e il legale dei due indagati, l’avvocato Liborio Cataliotti, prevede, da quanto si è saputo, l’applicazione di una pena di 4 anni e 8 mesi per Lacerenza e di 3 anni per Nobile. In più quei risarcimenti da centinaia di migliaia di euro, ossia il valore di bottiglie di champagne e altri alcolici sequestrati nell’indagine. Sulle istanze dovrà decidere la gip Marta Pollicino nell’udienza fissata per il 10 settembre.

Se la giudice ratificherà i patteggiamenti, in pratica per Lacerenza, che è ancora ai domiciliari, dopo 8 mesi o poco meno di custodia cautelare, rimarrà una pena da scontare sotto i 4 anni e potrà chiedere, dunque, l’affidamento in prova ai servizi sociali. Nobile, invece, che nel 2013 finì di scontare la pena per associazione per delinquere e truffa per lo storico caso delle televendite, con la pena di 3 anni potrà accedere anche ai lavori di pubblica utilità. 

Alla figlia di Wanna Marchi, a fine giugno, erano stati revocati i domiciliari dopo poco più di tre mesi su decisione della gip Alessandra Di Fazio e in accoglimento dell’istanza dell’avvocato Cataliotti. Nobile non è accusata di spaccio di cocaina, reato contestato, invece, a Lacerenza assieme allo sfruttamento e al favoreggiamento della prostituzione. Il 17 aprile, inoltre, la 60enne, che si sarebbe occupata della parte amministrativa e contabile dei due locali notturni, aveva scelto di farsi interrogare nelle indagini della pm Francesca Crupi e del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf di Milano.

Una scelta che era già stato un segnale di collaborazione agli accertamenti. Il Tribunale del Riesame, nel confermare un sequestro da circa 900mila euro, presunto profitto di autoriciclaggio (erano stati trovati 80mila euro, di cui 33mila su un conto in Lituania e tutti riconducibili a Lacerenza), aveva spiegato che il “core business” era la “messa a disposizione di ragazze e stupefacente e non certo solo dell’alcol” e “l’offerta di prostitute“, intesa come “disponibilità e trasporto a domicilio“, era “finalizzata a garantire che la clientela consumasse alcol” e poi al “raggiungimento di un proprio personale tornaconto“.

Nemmeno la cocaina era gratis, hanno scritto i giudici Galli-Natale-Alonge, ma “era una disponibilità compresa nella complessiva offerta di un servizio“, tutto rivolto “al divertimento, senza freni, del cliente” con “pacchetti” di champagne, escort e droga. Tra le testimonianze agli atti figura anche quella del cliente più assiduo che sborsò cifre “esorbitanti” per quelle notti, per un totale di quasi “un milione di euroin tre anni.

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