La nuova legge italiana sullo stupro che introduce il principio del “consenso libero e attuale” ha acceso una polemica politica inaspettata. La Camera l’ha approvata all’unanimità: il testo stabilisce che qualunque atto sessuale senza un sì esplicito, libero e presente in ogni momento è violenza sessuale, eliminando la necessità di provare minacce o resistenza fisica. Molti l’hanno definita una svolta culturale, un allineamento agli standard europei.

Lo scontro però è esploso al Senato, dove la maggioranza ha chiesto nuovi approfondimenti, facendo slittare il voto simbolico previsto per il 25 novembre. Le opposizioni hanno reagito duramente, accusando il governo di frenare una riforma che sembrava condivisa da tutti. Il rinvio è stato letto come un arretramento, soprattutto perché avvenuto mentre passava invece la legge che introduce il reato di femminicidio.

Carlo Nordio, ministro della Giustizia, ha assicurato che la norma non verrà affossata: “È solo un rinvio”, ha detto.

Matteo Salvini, invece, ha espresso forti riserve sul testo: pur condividendo l’idea che senza consenso sia stupro, teme che la definizione di “consenso libero e attuale” sia troppo interpretabile e possa generare migliaia di denunce fondate su percezioni soggettive, con il rischio di paralizzare i tribunali.

Sul fronte opposto, molte parlamentari di maggioranza e opposizione — insieme alle associazioni — vedono nel nuovo modello la fine della logica della “vittima che deve dimostrare di aver resistito”, e insistono perché la legge venga approvata rapidamente.

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