2017 e 2020: il nome di Andrea Sempio era comparso due volte nel registro degli indagati però la sua posizione era stata archiviata. Nel frattempo, però, si fa sentire per la prima volta per difendere il suo operato chi per due volte chiese e ottenne l’archiviazione per Sempio, l’ex procuratore di Pavia, Mario Venditti, il quale spiega di averlo fatto “considerata la attestata inservibilità e infruttuosità della prova scientifica” di allora e “vista la assoluta carenza di riscontri oggettivi alle enunciate e mai provate ‘anomalie’ delle precedenti indagini” che si erano concluse, dopo un tortuoso iter processuale, con la condanna a 16 anni del fidanzato di Chiara, Alberto Stasi. 

Venditti auspica che “la recente iniziativa della Procura di Pavia, del tutto legittima, dovrà in ogni caso tenere in conto del giudicato formatosi dieci anni fa” con la condanna definitiva per Stasi e ritiene “facilmente prevedibile che sarà a breve riproposta una nuova istanza di revisione del giudicato su nuove prove mai prima prodotte”. 

All’epoca non c’era infatti l’ormai famosa “Papillare” 33, l’impronta del palmo di una mano individuata sul muro delle scale in fondo alle quali fu trovato il corpo senza vita di Chiara e attribuita da una consulenza dattiloscopica ad Andrea Sempio, amico del fratello della ragazza uccisa, Marco. Non c’era quel dna sulle unghie di Chiara, nelle precedenti inchieste illeggibile ma con nuove tecniche attribuito sempre a Sempio. 

La difesa di Alberto Stasi ritiene che in quell’impronta potrebbe esserci stata della sostanza biologica della vittima e che, con gli strumenti scientifici di oggi, potrebbe essere individuata e in questo senso depositeranno una consulenza.

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