Il governo italiano a settembre, presenterà all’Onu, come presidente di turno del G7, “un progetto per la ricostruzione non solo umanitaria ma politica ed economica di Gaza” : lo ha annunciato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani in un’intervista alla Stampa. “L’Italia – afferma Tajani – è pronta a inviare un contingente per lavorare, nella transizione che dovrà essere gestita dall’Onu e guidata dai paesi arabi, alla nascita di uno Stato palestinese, unificando la Striscia e la Cisgiordania. Ma il nostro interlocutore – ha sottolineato il ministro – può essere solo l’Anp, non Hamas”. Il titolare della Farnesina ha poi dichiarato: “Nel frattempo gli Stati Uniti ci hanno chiesto di usare i carabinieri per addestrare una forza di sicurezza palestinese adeguata”.
Sul riconoscimento di uno Stato di Palestina Tajani spiega: “Siamo favorevoli allo stato di Palestina. Ma bisogna offrire una prospettiva concreta al popolo palestinese. Come facciamo a riconoscere uno stato finché c’è Hamas che controlla una larga parte della Palestina e sostiene di voler distruggere Israele? Noi non vogliamo dare uno schiaffo morale a Israele in questo momento, ma vogliamo portarli a un negoziato per rendere concreta la formula ‘due popoli, due Stati‘ “. E sulla guerra, precisa: “La posizione italiana è chiara. Stiamo con Israele, ma come si fa con gli amici li abbiamo invitati a rispettare il diritto internazionale. Io stesso mi raccomandai con loro, durante il primo viaggio in Israele dopo il 7 ottobre, di avere una reazione proporzionata”. Tajani dice di non condividere le parole di “chi, nel governo israeliano, dice che bisogna affamare due milioni di palestinesi a Gaza. Ma ricordo che Hamas ha usato la popolazione civile in un gioco politico molto sporco. L’attacco combinato da Gaza e dal Libano, da parte di Hezbollah, è sempre stato finalizzato a boicottare gli accordi di pace tra Israele e i Paesi arabi”.
A proposito del possibile attacco da parte di Teheran il ministro degli Esteri parla del suo colloquio telefonico con l’omologo iraniano e dice di aver “messo in guardia Ali Bagheri Kani. Molto è nelle mani dell’Iran, che deve decidere se aspettare o meno. Gli ho suggerito, almeno, di non prendere decisioni prima del 15. Se attaccano prima salta l’accordo, e si rischierebbe il caos. Il cessate il fuoco a mio avviso – osserva Tajani – farebbe venire meno le ragioni dell’attacco, se è vero che interesse degli iraniani è Gaza, e avviare una nuova dinamica politica in Medioriente”. Poi nell’intervista aggiunge: “Siamo in contatto continuo con gli alleati e con le nostre ambasciate. Finché c’è spazio per le trattative, c’è speranza“.
“Nessun disimpegno Italia dopo attacchi nel Kursk”
Sull’Ucraina e sulla possibilità di un eventuale disimpegno italiano dopo gli attacchi delle forze ucraine nella regione russa del Kursk, criticata, tra gli altri, dal ministro della Difesa, Guido Crosetto, e da esponenti di FdI e Lega. “la posizione è sempre quella esposta in Parlamento: noi siamo dalla parte dell’Ucraina, che è l’aggredito, ma non siamo né come Paese, né come Nato in guerra contro la Russia. Mai manderemo truppe, per intenderci. Pur comprendendone le ragioni di difesa, le armi inviate dall’Italia non possono essere usate fuori dall’Ucraina. Servono delle specifiche autorizzazioni a un uso diverso, che è quello che infatti sta chiedendo Zelensky. Gli americani hanno dato un loro via libera ma limitato ad alcune operazioni. L’Italia invece non permette di usarle fuori dal territorio ucraino. Ce lo dovrebbero chiedere, e lo sanno”.
E circa l’ipotesi di allargare la prossima conferenza di pace, dopo quella in Svizzera, anche a Russia e Cina, Tajani afferma: “Potrebbe toccare all’Arabia Saudita provarci. Sarebbe un passo in avanti. Lo ha chiesto anche Zelensky”. Ma con Vladimir Putin, chiarisce, non sarà aperto “nessun ‘canale’. Arrivare a uno stallo sul terreno militare potrebbe convincere la Russia a trattare seriamente. Non ci sarà nessun cedimento sul rispetto dell’integrità dell’Ucraina. Altrimenti, non si tratterebbe più di una conferenza di pace, ma di resa”.