Pressione fiscale alle stelle per gli italiani anche, e specie, per coprire chi le tasse non le paga. 

Secondo lo studio Cgia di Mestre, quasi metà anno è stato lavorato per coprire le mancanze provocate alle casse dello Stato degli evasori fiscali: un esercito di almeno 2,5 milioni che usufruiscono gratis di servizi come la Sanità Pubblica, l’istruzione di ogni ordine e grado, trasporti e forze dell’ordine. 

Il dato provoca una inevitabile, e sana, ondata di indignazione: solo dal 6 giugno fino al prossimo 31 dicembre (209 giorni) gli italiani lavoreranno per sé stessi e per la propria famiglia.

La stima del Pil nazionale prevista per il 2025 è di 2.256 miliardi di euro; tale importo è stato suddiviso per 365 giorni, ottenendo così un dato medio giornaliero di 6,2 miliardi di euro. “Dopodiché, sono state estrapolate le previsioni relative alle entrate tributarie e contributive che i percettori di reddito verseranno quest’anno che, si stima, dovrebbero ammontare a 962,2 miliardi di euro. Infine – spiegano dalla Cgia –  quest’ultimo dato è stato frazionato al Pil giornaliero” Pertanto, queste operazioni hanno consentito di determinare il cosiddetto tax freedom day dopo 156 giorni dall’inizio dell’anno, vale a dire il 6 giugno ultimo scorso.

Per 2,5 milioni di evasori le tasse sono un optional

“In Italia, purtroppo, i contribuenti onesti versano molte tasse perché ci sono tante persone che non le pagano o lo fanno solo parzialmente” affermano in Cgia. Secondo le ultime stime dell’Istat riferite al 2022, infatti, sono quasi 2,5 milioni le persone fisiche presenti in Italia che sono occupate irregolarmente: “Sono uomini e donne che lavorano completamente in nero o quasi; quando operano in qualità di subordinati non sono sottoposti ad alcun contratto nazionale di lavoro. Se, invece, lavorano in proprio, ovviamente non possiedono la partita Iva”. 

In valore assoluto il numero più elevato è concentrato in Lombardia con 379.800 unità. Seguono i 319.400 residenti nel Lazio e i 270.200 abitanti della Campania. Se, invece, calcoliamo il tasso di irregolarità, dato dal rapporto tra il numero di occupati irregolari e il totale degli occupati di ciascuna regione, in Calabria registriamo il tasso più elevato pari al 17,1 per cento. Seguono la Campania con il 14,2, la Sicilia con il 13,6 e la Puglia con il 12,6. La media italiana è del 9,7 per cento.

Il dato più basso relativo al carico tributario risale, negli ultimi 30 anni, al 2005 anno in cui la pressione fiscale in Italia si attestò al 38,9 per cento del Pil, ossia 3,8 punti in meno rispetto alla percentuale prevista nel 2025. Allora furono necessari 142 giorni per “liberarci” dal giogo fiscale, ben 14 giorni prima della scadenza prevista nel 2025.  

Il picco massimo di tassazione, invece, fu raggiunto nel 2013, quando il carico fiscale complessivo sul Pil arrivò a toccare il 43,4 per cento: record negativo di sempre. 

“Tuttavia – avvertono sempre dalla Cgia – affermare che in questi anni sia aumentato il peso del fisco sul contribuente sarebbe fuorviante. Pensiamo alla decontribuzione a favore dei redditi da lavoro dipendente resa più incisiva nel 2024 e all’accorpamento dei primi due scaglioni di reddito Irpef”. Nel 2025, con l’intento di ridurre il cuneo fiscale e a compensazione della decontribuzione, sono state aumentate le detrazioni Irpef ed è previsto un “bonus” (erogazione di una somma esente Irpef) per i redditi da lavoro dipendente sino a 20.000 euro.

Inoltre, il buon andamento delle entrate fiscali nel 2024 è stato determinato da fattori economici che hanno condizionato la crescita delle imposte sostitutive attinenti ai redditi da capitale. Non va nemmeno dimenticata la crescita registrata dalle retribuzioni; grazie ai rinnovi contrattuali, alla corresponsione degli arretrati nel pubblico impiego e all’aumento del numero di occupati l’Irpef e i contributi previdenziali hanno subito un rialzo positivo.

L’aumento del prelievo è stato insignificante: tra i principali inasprimenti fiscali introdotti dal governo in carica, la Cgia rammenta misure come l’incremento della tassazione sui tabacchi, dell’IVA su alcuni prodotti per l’infanzia/igiene femminile e dell’imposta sostitutiva sulla rivalutazione dei terreni e delle partecipazioni per l’anno 2024; – rimodulazione delle detrazioni per le spese fiscali con l’introduzione di alcune limitazioni per redditi elevati, l’inasprimento della tassazione sulle cripto-attività, la riduzione delle detrazioni delle spese per le ristrutturazioni edilizie e il risparmio energetico per l’anno 2025.

La pressione fiscale degli altri Paesi UE

Nel 2024 la Danimarca ha registrato la pressione fiscale più elevata dell’UE, con un valore pari al 45,4 per cento del Pil. Seguono la Francia con il 45,2, il Belgio con il 45,1, l’Austria con il 44,8 e il Lussemburgo con il 43. L’Italia si è posizionata al sesto posto con un tasso del 42,6 per cento del Pil. Rispetto ai nostri principali partner economici, abbiamo una pressione fiscale superiore a quella tedesca di 1,8 punti e a quella spagnola addirittura di 5,4. Solo la Francia sta peggio di noi: la pressione fiscale a Parigi è superiore alla nostra di 2,6 punti. La media UE, infine, è inferiore a quella italiana di 2,2 punti.

 

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