Teranga – Dal mondo, Ristoranti a Milano

di Valerio M. Visintin

Ambiente

Ha tutta l’aria di un bar riadattato alle funzioni di un ristorante. Sedute compresse davanti al bancone. Un po’ più di respiro nello spazio che si apre in fondo. Graziose le poltroncine di velluto verde. Peccato siano un po’ basse rispetto al piano del tavolo, protetto da preziosa tovaglietta di stoffa. Musica a volume molesto. E due televisori sui quali scorrono ininterrotti video clip di interpreti afro-americani. Generoso l’impegno dei camerieri.

Cucina

C’è un’influenza orientale nell’antipasto caldeggiato dal personale. E cioè, “fataya e nem”: se i primi sono fagottini di carne e verdure di stampo africano, i secondi non sono altro che gli involtini primavera sino-vietnamiti. Ma è di radicata tradizione senegalese il “thieboudienne”: una zuppa di verdure ramata  con pesce o carne. Così come il “dibi”: colossale porzione di agnello con cipolle in lunga cottura alla brace, servita su una piastra, per preservarne il calore. O, ancora, la “yassa di pollo”: pollo al bbq da insaporire attingendo a una salsiera di cipolle stufate. Per buon peso, figura anche qualche voce all’italiana, come la pasta al ragù o i paccheri al salmone, a beneficio di eventuali clienti che abbiano sbagliato indirizzo.
Discreta (ma non economica) lista dei vini. La chiave per gustare più compiutamente il cibo, però, sono i cinque cocktail analcolici. A base di limone e zenzero, frutto del baobab, carcadè rosso, carcadè bianco e detarium (dolcissimo frutto senegalese).

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