In tempi di (post?) pandemia, questo film dimenticato ancora sorprendentemente attuale
Evans City, Pennsylvania. Dopo che un uomo ha inspiegabilmente ucciso la moglie e dato fuoco alla sua casa, i pompieri veterani della guerra in Vietnam Clank (Harold Wayne Jones) e David (Will McMillan) intervengono in loco mentre la fidanzata incinta del secondo, l’infermiera Judy (Lane Carroll), presta soccorso nello studio del dottor Brookmyre (Will Disney) ai due figli ustionati dell’uxoricida. Di l a poco, un commando militare guidato dal maggiore Ryder (Harry Spillman) prende possesso dello studio di Brookmyre per fronteggiare quella che si rivela essere una straordinaria emergenza: qualche giorno prima, infatti, un aereo dell’esercito che trasportava l’arma biologica dal nome in codice “Trixie” si era schiantato nelle vicinanze della cittadina; e a causa del riversarsi nella rete idrica del contagiosissimo virus, molti abitanti del luogo sono stati colpiti da morte immediata o follia isterica e omicida.
Per contenere gli effetti dell’epidemia, il governo invia sul posto anche il colonnello Peckem (Lloyd Hollar) e il dottor Watts (Richard France), creatore dell’agente patogeno; ma anche bombardieri nucleari con l’ordine, se necessario, di radere al suolo l’intera comunit. Con Evans City in quarantena e sotto legge marziale, David, Judy, Clank, l’adolescente Kathy Fulton (Lynn Lowry) e suo padre Artie (Richard Liberty) cercano fuggire dalla citt. Ma il contagio si estende anche ad alcuni di loro. David scoprir di essere immune al virus senza metterne al corrente i militari, mentre Watts, in un contesto di isteria crescente, svilupper una potenziale cura per coloro che ne sono stati infettati. Ma, forse, tutto sar fuori tempo massimo.
Il 16 marzo 1973 usciva nelle sale americane (da noi solo a giugno dell’anno successivo) il quarto lungometraggio di George A. Romero, che dopo lo sconvolgente e rivoluzionario horror teorico “La notte dei morti viventi/Night of the Living Dead” (1968), capostipite cult dell’onda lunghissima degli zombie-movie, sembrava con i due film successivi all’esordio (“There’s Always Vanilla”, 1971, e “La stagione della strega/Season of the Witch”, uscito sempre nel 1973 appena un mese prima) aver abbracciato una direzione di genere totalmente in antitesi a quella della sua opera prima.
Con “La citt verr distrutta all’alba”, realizzato con un budget quasi inesistente (meno di trecentomila dollari), Romero rientr invece nei “suoi” ranghi realizzando un thriller paranoico grezzo e angosciante riplasmando a livello di figurazioni estetiche e fotografiche il suo stesso modus operandi. E aprendo a quella visione sospesa, desolata e apocalittica del mondo che caratterizz poi tutta la sua carriera e che con i seguenti cinque film dedicati ai morti viventi (e in particolare il secondo, “Zombi/Dawn of the Dead”,1979, e il terzo “Il giorno degli zombi/Day of the Dead”, 1985) ne sanc quella autorialit e quella radicalit inimitabile soprattutto sul piano della pura narrazione per immagini. Se la fotografia sporca in puro stile “termico” 70’s di S. William Hinzman (ovvero l’attore che in “La notte dei morti viventi” interpretava il primo, indimenticabile zombie nella celeberrima sequenza d’apertura al cimitero) anticipa in qualche misura i poi pi particolari e spettrali esperimenti di illuminazione di Michael Gornick (l’operatore con cui Romero realizzer i suoi capolavori) a intonare “La citt verr distrutta all’alba” con gli altri film del regista soprattutto la sua consapevolezza sovversiva e ferocemente esibita.
Il cinismo e la disperazione latente con cui l’intera vicenda narrata riflettono in pieno il periodo di insicurezza sociale che caratterizzava gli Usa all’epoca dell’uscita del film: e bench non ci si trovi sicuramente di fronte a un capolavoro, i riverberi delle conseguenze dell’insensato prolungamento della guerra in Vietnam e l’inizio della decadenza delle realt urbane della profonda provincia americana (qui simbolicamente ridotte senza mezzi termini a cimiteri) vengono pienamente evocati e rappresentati, mentre la riflessione ideologica (segnatamente sulla sfiducia tanto nell’iniziativa individuale quanto nelle capacit risolutive di un governo malato di decisionismo) emerge con una forza travolgente, al pari della descrizione impietosa (e sottilmente satirica) di un’America repressa e sempre pronta a scatenare i suoi istinti peggiori.
“La citt verr distrutta all’alba” (non tenete conto del remake anodino e privo di mordente “strategico” e teorico del 2013 a firma del carneade Breck Eisner) un film probabilmente dimenticato; ma in tempi di (post?) pandemia ancora sorprendentemente attuale, corollario (ma non accessorio) nella definizione dell’etica romeriana e soprattutto indicativo di un’urgenza politica che il cinema americano di genere corrente ha definitivamente dimenticato.
16 marzo 2023 (modifica il 16 marzo 2023 | 07:32)
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