Essere qui a Lampedusa, dopo l’ennesimo naufragio con morti e dispersi, mi addolora.

Seguo in continuazione le notizie. Credo che nessuno affronti il mare e i rischi che ne conseguono con leggerezza, se non perché costretto ad emigrare a causa delle difficili condizioni del proprio paese d’origine. Sul tema dell’immigrazione so che l’Italia lavora alle soluzioni, ma non funziona. Occorre trovare un modo per rendere legali questi arrivi. I migranti pagano per raggiungere l’Italia e rischiano la loro vita oppure si indebitano e sono poi obbligati a lavorare per restituire quei soldi. Dietro ci sono famiglie disperate che cercano una chance in un altro paese.

Il mio libro racconta l’esperienza di una detenzione, non necessariamente quella mia, ma quella di molti prigionieri che vengono tenuti prigionieri per le loro opinioni politiche o per avere difeso i diritti umani. Credo sia una condizione che riguarda migliaia di persone nel mondo che come me hanno vissuto la mia stessa esperienza.

Oggi sto bene, sono sposato, sono tornato in Italia ma ho vivo il ricordo di quei 22 mesi e il mio impegno è in favore di chi non ha voce per raccontare avventure come la mia.
 

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