Come ogni legge che prevede un intervento di modifica della Costituzione, anche quella sulla separazione delle carriere dei magistrati avrà un percorso lungo. 

Si tratta, nei fatti, di una revisione costituzionale e quindi vi sarà la necessità di un doppio passaggio in aula, a distanza non inferiore ai tre mesi. La seconda votazione per ciascun ramo del Parlamento dovrà raggiungere il quorum del 50%+1 degli appartenenti alle due assemblee. Ma non basta. Il disegno di legge, da un passaggio all’altro, non deve subire modifiche, altrimenti si ricomincia d’accapo. Infine, per evitare la ratifica della legge attraverso un “referendum confermativo”, la seconda votazione in ciascun ramo del Parlamento, dovrebbe vedere l’approvazione del provvedimento dai due terzi degli appartenenti a ciascuna delle due camere. 

Sede del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM), Roma (Ansa)

La separazione delle carriere

La discussione complessiva che divide i favorevoli dai contrari parte dalla necessità della separazione delle carriere, ovvero dal passaggio di un magistrato, nel corso della propria carriera, dalla magistratura requirente (i Pm) e da quella giudicante (i Giudici) o viceversa. Su questo tema, però, aveva messo mano anche la riforma Cartabia. L’art. 12 di quella riforma prevedeva infatti che il magistrato potesse operare il cambio tra funzioni una sola volta, in luogo delle quattro possibilità precedenti, e purché entro dieci anni dall’assegnazione della prima sede. 

Nel corso del tempo le funzioni sono state infatti sempre più rigidamente separate, a partire dalla riforma Castelli del 2006, che ha reso il passaggio dal ruolo di Pm a quello di giudice e viceversa parecchio scomodo e quindi poco utilizzato, tanto da renderlo marginale: negli ultimi cinque anni è pari allo 0,83% la percentuale dei pubblici ministeri con funzioni requirenti che sono passati a funzioni giudicanti. Ed è dello 0,21% la percentuale dei giudici che sono passati a funzioni requirenti

Insomma, il problema è divenuto numericamente sempre meno significativo. Nel 2022 le richieste di passaggio di funzione sono state appena una ventina su un organico di quasi 10.000 magistrati, con le nuove regole in vigore questi numeri marginali sono destinati a ridursi ancora. Inoltre, se si sceglie di passare da una funzione all’altra, si deve cambiare distretto e anche Regione. Ed è precluso anche l’ufficio competente per legge a occuparsi di indagini che coinvolgono magistrati del distretto di provenienza (quindi un Pm di Torino non può fare il giudice – e viceversa – nel distretto di Milano, uno di Roma nel distretto di Perugia e così seguitando). 

Quindi è impossibile che un Pm possa prima lavorare alle proprie tesi accusatoria e poi, scegliendo di passare in giudicante, giudicare il proprio lavoro fatto come PM. 

Marta Cartabia durante l'approvazione del Ddl Riforma dell'ordinamento giudiziario e del Csm

Marta Cartabia durante l’approvazione del Ddl Riforma dell’ordinamento giudiziario e del Csm (LaPresse)

Il doppio CSM

Il Presidente dei due CSM è sempre il Presidente della Repubblica. Ne fanno parte, di diritto, il Presidente della Corte di Cassazione (CSM giudicante) e il Procuratore generale della Cassazione (CSM requirente)

I componenti togati

Con la separazione delle Carriere si lavora anche ad un doppio CSM, uno per la magistratura requirente ed uno per quella giudicante. E su questa modifica c’è un altro elemento di confronto forte tra le parti, rappresentato dalla nomina di 2/3 di ciascun CSM a sorteggio fra tutti i membri della magistratura requirente o giudicante. Per chi propone la riforma con questo meccanismo si tagliano le gambe alle correnti della magistratura che non “scelgono” più chi li rappresenta in CSM. Per i magistrati è un meccanismo di limitazione dell’indipendenza della Magistratura perché non può scegliere i propri rappresentanti con una elezione interna come adesso su collegi unici nazionali e territoriali.  

I componenti laici

Gli altri componenti di ciascuno dei Csm, quelli laici,  sono estratti a sorte per un terzo da un elenco di professori e avvocati compilato dal Parlamento in seduta comune. Si prevede, inoltre, che i vicepresidenti di ciascuno degli organi sono eletti fra i componenti sorteggiati dall’elenco compilato dal Parlamento. I componenti designati mediante sorteggio durano in carica quattro anni e non possono partecipare alla procedura di sorteggio successiva. I componenti non possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali né far parte del Parlamento o di un Consiglio regionale.

Quando si parla degli intrecci tra magistratura e politica, però, non si dovrebbe pensare solo alle correnti della magistratura ma anche ai membri laici e ai vicepresidenti attuali. Non sempre si va alla ricerca di professori od avvocati che hanno svolto essenzialmente la loro professione. Anzi. Dei 20 vicepresidenti del Csm che si sono succeduti dal 1959 ad oggi, 11 hanno avuto precedentemente incarichi di governo. Per quanto riguarda i 90 eletti laici dal 1990 al mandato attuale che si concluderà nel 2027 (parliamo di quelli al momento dell’insediamento della propria consiliatura), 32 avevano avuto precedentemente incarichi parlamentari o di governo. Insomma, il 52,3% dei vicepresidenti del CSM e il 35,5% dei membri laici del CSM dal 1990 ad oggi non erano “laici” ma politici.

La cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario a palazzo di Giustizia di Milano, 27 Gennaio 2024 (ansa)

L’Alta Corte disciplinare

Altra novità riguarda l’istituzione dell’Alta Corte disciplinare cui è attribuita la giurisdizione disciplinare nei confronti dei magistrati ordinari, sia giudicanti che requirenti. L’organo è composto da 15 giudici così selezionati: 3 componenti nominati dal Presidente della Repubblica; 3 componenti estratti a sorte da un elenco compilato dal Parlamento in seduta comune; 6 componenti estratti a sorte tra i magistrati giudicanti in possesso di specifici requisiti; 3 componenti estratti a sorte tra i magistrati requirenti in possesso di specifici requisiti. Il presidente dell’Alta Corte deve essere individuato tra i componenti nominati dal Presidente della Repubblica e quelli sorteggiati dall’elenco compilato dal Parlamento.

Attualmente l’organo competente a giudicare è la Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, i componenti effettivi sono: il Vicepresidente del Csm; un componente eletto dal Parlamento; un magistrato di Cassazione con esercizio effettivo delle funzioni di legittimità; due magistrati che esercitano le funzioni di giudici e un magistrato che esercita le funzioni di pubblico ministero.

Anche in questo caso il confronto si lega all’autonomia della magistratura. L’elezione a sorte dei magistrati inficia l’autonomia della Magistratura perché ne impedisce la scelta procedendo per sorteggio e crea u organismo non più composto da 6 membri di cui 4 togati ma di 15 membri di cui 9 togati, facendo salire il rapporto tra laici e togati dal precedente da ⅓ al nuovo post riforma  ⅔. 

Cerimonia di inaugurazione dell’Anno Giudiziario della Corte Suprema di Cassazione (rainews)

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