Un operaio contaminato da plutonio in un laboratorio alle porte di Roma. È accaduto al Centro di ricerca di Casaccia, alla estrema periferia nord della capitale. Il lavoratore è stato sottoposto a controlli dopo che nel suo corpo è stato rilevato un valore di radioattività superiore alla norma e le prime verifiche escludono rischi per la sua salute e contaminazioni all’ambiente esterno. Ma la sua situazione resta monitorata, e sono in corso accertamenti per scoprire che cosa è successo.   

La notizia è esplosa nel pomeriggio da una interrogazione parlamentare di deputati del Pd al ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto. I parlamentari, citando “notizie di stampa”, chiedevano informazioni circa il fatto che “presso l’ex sito nucleare di Casaccia, gestito dalla Sogin, alle porte di Roma, nei giorni scorsi un operaio sarebbe risultato colpito da contaminazione da plutonio”.

Il Centro studi di Casaccia appartiene all’Enea, l’ex istituto pubblico di ricerca sul nucleare, ora riconvertito ad ambiente ed energia. A Casaccia fino al 1987 si studiava la produzione di plutonio dall’uranio. Dopo che il paese è uscito dal nucleare, il plutonio è stato trasferito negli Stati Uniti. Nei macchinari del centro studi romano ne sono rimasti pochi grammi. Dal 2003 il laboratorio è stato passato in gestione alla Sogin, la società pubblica che si occupa dello smantellamento degli impianti nucleari.

Il Centro Ricerche Casaccia (TGR)

Sogin: “Nessun incidente nucleare: si esclude contaminazione dell’ambiente esterno”

“Il 21 novembre scorso, nel corso di attività di gestione di rifiuti radioattivi all’interno dell’impianto Plutonio, che si trova nel centro Enea di Casaccia, è stato riscontrato un evento di ‘contaminazione interna’ di un dipendente con potenziale superamento dei limiti di dose annuale prescritti dalla normativa. I monitoraggi effettuati e conclusi oggi pomeriggio registrano valori confortanti. Sogin continuerà a monitorare la situazione nel rispetto delle procedure previste” ed “esclude categoricamente che vi sia stata qualsiasi contaminazione dell’ambiente esterno”, scrive scrive Sogin in un comunicato.

“Al contrario di quanto riportato da alcuni organi di stampa – prosegue Sogin, che ha in gestione per lo smantellamento l’impianto dismesso Plutonio del centro Enea di Casaccia a Roma – non vi è stato alcun ‘incidente nucleare’ e ogni informazione circolante in tal senso è destituita di fondamento”.   “Sogin ha subito informato di quanto accaduto tutte le Autorità competenti – aggiunge la società pubblica per la dismissione degli impianti nucleari -. Sono state immediatamente attivate le procedure previste dalla legge finalizzate a tutelare la salute dei lavoratori, così come avviene ordinariamente”.

Enea, noi estranei a sospetta contaminazione da plutonio

Con riferimento al caso di contaminazione del lavoratore dell’impianto Plutonio della Sogin, ospitato presso il Centro Ricerche Casaccia (Roma), Enea precisa di “essere completamente estranea all’evento avvenuto in un’area gestita dal 2003 dalla stessa Sogin, che in un suo comunicato ha comunque escluso essersi trattato di incidente nucleare”.

“Non sappiamo con precisione cosa sia successo, perché l’impianto Plutonio è gestito da Sogin – spiega il direttore del Dipartimento nucleare di Enea, Alessandro Dodaro -. Possiamo immaginare che in queste attività, un lavoratore sia accidentalmente entrato in contatto con plutonio e possa essere rimasto contaminato. Si tratta di un materiale molto radioattivo, ma le quantità in Casaccia sono minime”.

Dodaro spiega che “i livelli di indagine sono talmente accurati che a volte si procede a controlli anche per quantità minime e non pericolose per la salute. Nostri dipendenti sono stati controllati per la presenza di uranio nelle urine dovuto all’uso di acqua di fonte dei Castelli Romani, che non ha mai fatto male a nessuno”.

I lavoratori che hanno a che fare con materiali radioattivi sono sottoposti a tre tipi di controlli: “C’è il cosiddetto ‘mani – piedi’ quando si esce dalle zone con rischio di contaminazione, per verificare la presenza di materiale radioattivo su mani e piedi. Poi c’è il ‘dosimetro’, che misura l’energia rilasciata dalle radiazioni nel corpo. Infine si misura la radioattività presente nelle feci e nelle urine, per verificare se anche minuscole quantità di materiale radioattivo sono state ingerite o inalate.” 

Isin: “Ispezioni in corso”

L’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare (Isin), l’ente pubblico che vigila sul settore, ha spiegato in una nota che “nell’immediatezza della contaminazione ha effettuato una prima ispezione nell’impianto e ha raccolto a verbale le dichiarazioni dei responsabili sulla dinamica di quanto accaduto”. Isin sta seguendo l’evolversi della vicenda, che “sembra al momento non prefigurare conseguenze severe”. Ma “una seconda ispezione è stata già programmata e sarà effettuata nei prossimi giorni”. 

“Resta, naturalmente, l’esigenza di accertare quanto accaduto – conclude Isin – e come si è potuta verificare la contaminazione di un esponente del personale che dovrebbe operare in piena sicurezza”.

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