Il tentativo di Unicredit di acquisire Banco BPM, una delle operazioni più attese nel panorama del cosiddetto risiko bancario italiano, si è concluso con un nulla di fatto. Il 22 luglio 2025, il Consiglio di Amministrazione di Unicredit ha annunciato il ritiro dell’offerta pubblica di scambio (OPS) su Banco BPM, citando l’insoddisfazione della condizione relativa al Golden Power, lo strumento normativo utilizzato dal governo italiano per tutelare gli interessi strategici nazionali. La decisione, comunicata in una nota ufficiale, segna la fine di una vicenda durata oltre otto mesi, caratterizzata da tensioni politiche, battaglie legali e un clima di incertezza che ha condizionato l’intero processo.

L’offerta, lanciata a novembre 2024, mirava a creare un colosso bancario italiano, rafforzando la posizione di Unicredit nel mercato domestico e in Europa. Tuttavia, fin dall’inizio, l’operazione ha incontrato ostacoli significativi. Il governo Meloni, attraverso il decreto del 18 aprile 2025, ha imposto rigide condizioni tramite il Golden Power, tra cui il mantenimento del rapporto impieghi/depositi per cinque anni, il divieto di ridurre il portafoglio di project financing e l’obbligo di cessare le attività di Unicredit in Russia entro nove mesi. Queste prescrizioni sono state giudicate da Unicredit come eccessivamente restrittive, tanto da compromettere la redditività dell’operazione.

Andrea Orcel, amministratore delegato di Unicredit, non ha nascosto la sua amarezza: “La continua incertezza sull’applicazione delle prescrizioni del Golden Power non giova a nessuno. La mia responsabilità principale è agire nel migliore interesse di Unicredit e dei nostri azionisti”. La nota di Unicredit punta il dito anche contro i vertici di Banco BPM, accusati di aver “privato i propri azionisti del dialogo necessario per valutare il valore della combinazione”. Secondo Orcel, l’insistenza di BPM sull’utilizzo del Golden Power ha impedito un confronto aperto con gli investitori, ostacolando un processo di offerta trasparente.

La vicenda ha visto interventi significativi anche da parte del Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Lazio e della Commissione Europea. Il TAR, il 12 luglio 2025, ha parzialmente accolto il ricorso di Unicredit, dichiarando illegittime due delle quattro prescrizioni del Golden Power: quella sul rapporto impieghi/depositi (per il profilo temporale) e quella sul mantenimento del project financing. Tuttavia, ha confermato l’obbligo di uscita dalla Russia e la raccomandazione di mantenere gli investimenti italiani di Anima Holding. 
Parallelamente, la Commissione Europea ha espresso dubbi sulla legittimità del decreto italiano, ritenendolo potenzialmente in violazione dell’articolo 21 del Regolamento UE sulle concentrazioni. Nonostante questi sviluppi, i tempi per una risoluzione definitiva sono stati giudicati troppo lunghi rispetto alla scadenza dell’offerta, fissata al 23 luglio.

La sospensione dell’OPS per 30 giorni, decisa dalla Consob il 22 luglio, non è stata sufficiente a chiarire il quadro. Unicredit ha così scelto di ritirarsi, definendo l’operazione “un’opportunità mancata” per gli stakeholder di BPM e per l’economia italiana. Il ritiro non preclude future mosse, ma per ora il consolidamento del settore bancario italiano subisce una battuta d’arresto. Intanto, Crédit Agricole, socio di Banco BPM con il 19,8%, ha chiesto alla BCE di superare il 20% del capitale, aprendo nuovi scenari per il futuro della banca milanese.

Condividere.
Exit mobile version