L’ong venezuelana di difesa dei diritti umani, Foro Penal, ha riferito che finora 1.697 persone sono state incarcerate per motivi politici in Venezuela, la cifra più alta degli anni Duemila. Secondo un bollettino diffuso dalla ong, sono attualmente detenuti 1.495 uomini e 202 donne, di cui 1.694 adulti e tre adolescenti tra i 14 e i 17 anni. La maggior parte degli arresti è avvenuta dopo le presidenziali del 28 luglio scorso, nel contesto delle proteste contro i risultati che hanno portato alla rielezione di Nicolás Maduro e che secondo l’opposizione sono stati caratterizzati da brogli. In seguito alla protesta indetta giovedì dalla leader dell’opposizione María Corina Machado, sono state arrestate 19 persone, tra cui il giornalista Julio Balza, membro dell’ufficio stampa di Machado, la cui detenzione è stata denunciata dal Sindacato nazionale dei lavoratori della stampa.

 

Intanto Paraguay, Guatemala e Cile condannano l’illegittima investitura di Maduro

Aumentano intanto le dichiarazioni di sostegno ai leader dell’opposizione e, al contempo, la condanna per l’illegittimo reinsediamento di Maduro come nuovo presidente. “È chiaro che (Maduro) non ha modo di dimostrare di essere stato il legittimo vincitore delle elezioni. Al contrario, Edmundo (González Urrutia) ha molte prove di essere stato il legittimo vincitore” ha detto alla Cnn il presidente del Paraguay, Santiago Peña, aggiungendo che “la democrazia in Venezuela ha bisogno di sostegno dall’interno e dall’esterno”. Peña ha sottolineato l’importanza di mantenere la pressione diplomatica per ripristinare la democrazia nel Paese. Ciò che sta accadendo in Venezuela “è una catastrofe umanitaria”, da anni si assiste ad una “mancanza di rispetto per i valori democratici e i diritti umani fondamentali” ha proseguito il presidente del Paraguay. Peña ha poi condiviso un comunicato sui social in cui ribadisce il fermo sostegno del suo governo al presidente eletto della Repubblica Bolivariana del Venezuela, Edmundo González Urrutia, e condanna “nel modo più assoluto le azioni del regime illegittimo di Nicolás Maduro”.

Di uguale tenore un commento dalle autorità del Guatemala: il “regime illegittimo di Nicolás Maduro ha dimostrato la sua mancanza di volontà di dialogo e perciò esigiamo la cessazione immediata dell’usurpazione” in Venezuela: lo afferma in un comunicato il ministero degli Esteri del Guatemala, sottolineando che questa è “la condizione indispensabile per il ripristino della democrazia e dell’ordine costituzionale attraverso la celebrazione di elezioni libere, giuste e trasparenti accompagnate da osservatori internazionali”. Nel comunicato si precisa che “il Guatemala ha categoricamente respinto i risultati del processo elettorale della Repubblica Bolivariana del Venezuela del 28 luglio 2024, emessi dal Consiglio nazionale elettorale. La soluzione della crisi in Venezuela appartiene ai venezuelani”. Il Guatemala sostiene quindi tutte “le iniziative politiche e diplomatiche che conducano alla restaurazione dell’ordine costituzionale, della democrazia e dello Stato di diritto in quel Paese, attraverso la celebrazione di un nuovo processo elettorale con garanzie democratiche”. Il governo, come il resto della comunità democratica internazionale, “continuerà a insistere sul rispetto dell’espressione del popolo venezuelano che alle urne si è pronunciato in modo pacifico”.

L’investitura di Nicolás Maduro come presidente del Venezuela per un nuovo periodo di sei anni “è priva di legittimità democratica” afferma in un comunicato il ministero degli Esteri cileno, sottolineando che il processo elettorale del 28 luglio scorso “è mancato dei più minimi standard di trasparenza e integrità”. Il Cile condanna poi “l’aumento della repressione e della persecuzione politica in Venezuela” ed esige da Caracas “il pieno rispetto dei diritti umani e il ripristino di un ordine democratico e delle libertà fondamentali del suo popolo”. Senza menzionare lo sfidante di Maduro, Edmundo González Urrutia, il governo cileno ribadisce la sua posizione “in quanto il popolo venezuelano ha il diritto di decidere il proprio destino, una posizione che il nostro Paese ha difeso fin dall’inizio”. In precedenza, la ministra dell’Interno, Carolina Tohá, non aveva risposto se il Cile riconoscerà González presidente del Venezuela, sostenendo che “noi riconosceremo solamente le autorità che possano mostrare, attraverso i verbali elettorali, risultati validi del processo elettorale”. Tutto indica – aveva aggiunto Tohá – che quegli atti non sono stati presentati, che il risultato reso noto non ha le sufficienti garanzie, ma non ci sembra adeguato dare per buoni altri risultati di cui non abbiamo gli atti”.

Chiusa la frontiera col Brasile

Il ministero degli Esteri brasiliano intanto ha reso noto che le autorità venezuelane hanno chiuso la frontiera con il Paese fino a lunedì prossimo. “Per decisione delle autorità venezuelane, la frontiera del Venezuela con il Brasile è stata chiusa oggi fino a lunedì 13 gennaio”, si legge in un comunicato. “In caso di emergenza, i cittadini brasiliani possono rivolgersi agli uffici consolari dell’Ambasciata del Brasile a Caracas e del Viceconsolato a Santa Elena de Uairén” prosegue la nota. Il blocco è evidente soprattutto nella città di Pacaraima, nello Stato brasiliano della Roraima, il principale punto di collegamento tra i due Paesi: sui social network circolano numerose foto e video di soldati venezuelani posizionati lungo il confine, che bloccano i vicoli provenienti dal Venezuela. Negli ultimi tre mesi il flusso migratorio verso il Brasile è quintuplicato.

Edmundo Gonzalez Urrutia (ansa)

Urrutia: “Presto sarò in Venezuela”

Il candidato dell’opposizione, Edmundo González Urrutia, ha pubblicato sul suo account X un video in cui assicura che “qualunque cosa faranno, riusciremo ad entrare in Venezuela e a porre fine a questa tragedia”. Maduro “si è incoronato dittatore, non è accompagnato dal popolo e da nessun governo democratico, ma solo dai dittatori di Cuba, del Congo e del Nicaragua” ha aggiunto.   Rivolgendosi ai suoi “connazionali venezuelani”, González ha detto che rappresentando “la volontà di quasi otto milioni di venezuelani nel Paese, e quella di milioni di connazionali a cui è stato impedito di votare all’estero”, ha il dovere “di difendere tale impegno preso”, candidandosi alla presidenza, il 28 luglio scorso.

Alle Forze Armate ha chiesto di ignorare gli “ordini illegali impartiti loro da chi confisca il potere” e di “preparare le condizioni di sicurezza per assumere la carica di presidente della Repubblica, che mi ha affidato la sovranità popolare”. Rivolgendosi ai militari e alla polizia, ha chiesto di cessare la repressione, sollecitandoli “ad ignorare il regime illegittimo che ha tentato di confiscare nuovamente il potere. L’istituzionalità del Venezuela è nelle vostre mani e coinvolge voi e le vostre famiglie”.

González ha infine assicurato di essere “molto vicino al Venezuela”, di essere “pronto per un ingresso sicuro” e che “al momento opportuno” farà “valere i voti che rappresentano il recupero della nostra democrazia”, promettendo di non deludere “i genitori e i nonni che attendono con ansia il ritorno dei loro figli e nipoti”.

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