Un coltello da cucina, oppure un grosso pugnale. È quanto hanno cercato senza esito per tutto il giorno i carabinieri di Bergamo, affiancati da un gruppo di volontari, esperti del ‘Museo Recuperanti’, di Toscolano Maderno (in provincia di Brescia), armati di metal detector e calamite, nelle strade di Terno d’Isola, a partire da via Castegnate, dove la notte tra il 29 e il 30 luglio scorsi è stata uccisa Sharon Verzeni. Dall’autopsia era infatti emerso che le coltellate che hanno ucciso la barista 33enne erano state inferte in profondità e con una lama ‘importante’. Che, come l’assassino di Sharon, non è ancora stata ritrovata.
Nel frattempo è tornato a parlare con i giornalisti anche Sergio Ruocco, il compagno di Sharon, che ha ribadito che “nessuno poteva volerle del male, probabilmente l’hanno scambiata per un’altra persona”. E ha aggiunto di aver ipotizzato che l’assassino possa anche essere un cliente del bar dove Sharon lavorava: un cliente “che può averle dato fastidio”, anche se “non mi aveva mai detto niente del genere e io non l’ho mai percepito”.