
Una cena che si trasforma in un massacro a sangue freddo. 20 novembre 1945. Ottanta anni fa. Nella cascina “il Simonetto”, insieme all’avvocato Massimo Gianoli, ci sono altre 9 persone tra personale di servizio e braccianti. Quattro ombre avanzano nella nebbia
Una rapina all’origine della strage, organizzata da Pietro Lala, un ex garzone che lì è conosciuto come Francesco Saporito, con lui 3 complici, tutti emigrati siciliani. Sono Giovanni Puleo, Francesco La Barbera, Giovanni d’Ignoti. I quattro irrompono durante la cena, hanno i visi coperti e cercano soldi e preziosi ma ad uno di loro scivola il fazzoletto che ha sul viso e viene scoperto. Da lì l’efferata decisione: devono tutti morire, non ci devono essere testimoni. Verrà graziato solo un bambino di due anni e mezzo.
Dieci le persone massacrate a colpi di bastone e poi gettate ancora vive nella cisterna della cascina. Corpi che spariscono nel nulla. Le ricerche durano diversi giorni, intanto cresce il sospetto e la paura. I cadaveri vengono recuperati diversi giorni dopo nell’acqua limacciosa della cisterna
Un’indagine complessa che si conclude con la pena capitale per tre dei 4 uomini, vista l’efferatezza con cui hanno ucciso per un magro bottino. Lala è già morto, freddato in Sicilia per un regolamento di conti. E’ l’ultima condanna a morte in Italia, spartiacque fra quel mondo di prima, degli anni della guerra e quello che verrà.
Nel servizio, le interviste a:
- Eugenio Aghemo, sindaco di Villarbasse
- Claudio Garrone, figlio del lattaio della cascina
- Ivo Coletto, figlio di un bracciante