Le certezze sono che sale di 2,4 milioni la platea dei beneficiari del taglio del cuneo fiscale, e che si farà sentire anche l’accorpamento delle aliquote Irpef, con un reddito disponibile per le famiglie che, in media, salirebbe dell’1,5% secondo la banca d’Italia. Ma i dubbi sono tanti: a partire dalle stime di crescita, che se troppo ottimistiche minaccerebbero il risanamento dei conti. Fino alla sanità dove la spesa per medici e ospedali torna ai livelli pre-pandemia tanto che l’ufficio parlamentare di bilancio evoca il rischio di deficit per le regioni. Il passaggio ai raggi x della legge di bilancio – con una gragnuola di audizioni nelle commissioni parlamentari – è una vera e propria graticola per la manovra che bilancia le promesse fatte con i vincoli stringenti del nuovo patto Ue. E rivela diverse potenziali criticità, legate alla scelta di intervenire un po’ dappertutto.
Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti (LaPresse)
Alla base c’è la crescita: da una stima iniziale del ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti di circa l’1% si è arrivati – dopo la doccia fredda di una crescita zero nel terzo trimestre – a una crescita acquisita 2024 a 0,4% da parte dell’Istat, che si trascinerà sul 2025. “L’attività economica faticherebbe a recuperare slancio nello scorcio di quest’anno”, spiega il vice capo del dipartimento economia e statistica della banca d’Italia Andrea Brandolini. “In assenza di una significativa accelerazione” la crescita prefigurata nel piano strutturale di bilancio per il biennio 2024-25 “appare più difficile da conseguire”. Parole che, lette assieme ai rischi geopolitici e commerciali, fanno presagire una lente ben puntata sulla traiettoria del debito che già negli obiettivi del piano scenderebbe in rapporto al Pil solo dal 2027. C’è anche chi, come il presidente del Cnel Renato Brunetta, evoca un “effetto burrone” all’esaurirsi degli effetti del Pnrr – unico pilastro degli investimenti pubblici – dopo il 2026.
Il Presidente del Cnel Renato Brunetta (LaPresse)
Il presidente dell’Inps Gabriele Fava dà conto dei “risvolti anche favorevoli sulla tenuta del sistema previdenziale” grazie all’intervento sulle pensioni. E’ l’Istat, invece, a sollevare il coperchio sulla sanità, in un paese dove nel 2023 gli italiani che avevano rinunciato a curarsi per motivi economici, scomodità o liste d’attesa troppo lunghe, erano ben il 7,6% contro il 6,3% del 2019. Se continua a salire il conto per le famiglie, nel 2023 la spesa sanitaria cala dello 0,4%, a 130,2 miliardi, per assestarsi sui livelli pre-pandemia. Insufficiente, secondo l’ufficio parlamentare di bilancio, per stare al passo col fabbisogno delle regioni. I numeri snocciolati dall’Istat su medici e infermieri tracciano un trend che è il contrario rispetto alle necessità: secondo Bankitalia nei prossimi 10 anni serviranno il 30% di camici bianchi in più.
Gabriele Fava, presidente dell’NPS (ANSA/GIUSEPPE LAMI)
La lista dei dubbi sollevati nelle audizioni tocca anche le misure per la natalità, dove Brandolini spiega che più che i trasferimenti alle famiglie con figli, meno efficaci, occorrerebbero più asili nido e congedi parentali. E molte delle voci da cui il governo si aspetta di fare cassa: a partire dall’equità dell’intervento sulle detrazioni fino ai tagli lineari ai ministeri, dove Bankitalia invoca invece una spending review selettiva anti-sprechi. Arrivando fino al ‘contributo’ chiesto alle banche: la Corte dei conti si aspetta incassi nel prossimo biennio forse anche più consistenti del previsto. Ma essendo una ‘partita di giro’, arriverebbe una “perdita di gettito ancora più pronunciata a partire dal 2027”.
L’ esterno della sede centrale della Banca d’ Italia a Roma (Ansa)