“È arrivato il momento di una vera rivolta sociale“.
Per il segretario della Cgil Maurizio Landini “avanti così non si può più andare”: lo sciopero generale del 29 novembre non sarà che l’inizio di una “battaglia” per cambiare non solo la manovra ma il Paese. Un guanto di sfida al governo che accende subito lo scontro. Con il partito della premier che va all’attacco del sindacalista: “Stia molto attento”, è l’avvertimento di Fdi, che paventa gli estremi per un reato. All’indomani del mancato incontro tra i sindacati e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, rinviato alla prossima settimana per l’influenza della premier, e con sul tavolo uno sciopero generale proclamato da Cgil e Uil, la tensione è alle stelle. Landini dall’assemblea dei delegati a Milano usa parole inedite e dure: perché le “condizioni di vita e di lavoro delle persone” devono “tornare ad essere al centro della politica”, dice.
Il segretario nazionale della UIL, Pierpaolo Bombardieri (S) ed il segretario nazionale della CGIL, Maurizio Landini (Ansa)
Il 29 novembre quindi sarà solo l’inizio di “una mobilitazione” che punta non semplicemente a “migliorare o cambiare la legge di bilancio”, ma a “cambiare e migliorare il nostro Paese”. Anche attraverso l’uso “dei referendum”, promette Landini.
Un affondo che fa scattare l’immediata reazione di fratelli d’Italia, da cui si alza un fuoco di sbarramento altrettanto duro.
Landini “fa rabbrividire”, dovrebbe chiedere scusa, dice il vicecapogruppo a Palazzo Madama Salvatore Sallemi. “Parla come i cattivi maestri degli anni 70”, aggiunge l’altra vicecapogruppo dei senatori, Antonella Zedda. “Ci chiediamo con quale coraggio inciti alla rivolta sociale”, è la stoccata del capogruppo alla camera Tommaso Foti: una mossa che “integra gli estremi di un reato”, oltre a far “perdere totalmente la faccia”. Contro Landini anche Bergamini (FI) che lo definisce “demolitore della rappresentanza sindacale” e Lupi che bolla le parole del leader CGIL come “irresponsabili”.
Tommaso Foti ((LaPresse))
L’opposizione invece fa quadrato intorno al leader sindacale e si scaglia contro Fdi: “basta con le minacce alla Cgil”, chiede il Pd. Gli attacchi del centrodestra “oltre che ridicoli, sono a dir poco surreali”, dice il M5s. AVS esprime solidarietà a Landini, oggetto di “intimidazioni minacciose”.
La manovra, intanto, si appresta ad entrare nel vivo delle modifiche parlamentari. Il ciclo di audizioni si chiude oggi con l’intervento del ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti, dopodiché gli emendamenti sono attesi per lunedì 11. Alle tante critiche alla manovra arrivate nei giorni scorsi da industriali, medici, BankItalia e Ufficio parlamentare di bilancio, si aggiunge anche la voce dell’Ania: “Tutti dobbiamo fare la nostra parte e l’industria assicurativa ha sempre dato il proprio contributo, ma facciamo fatica a capire” perché sia questo il settore “maggiormente impattato dalla manovra”, denuncia la presidente Maria Bianca Farina. Lamentando la mancata condivisione di misure che poi si sono rivelate permanenti e chiedendo che vengano almeno rese temporanee. Il valzer degli emendamenti è intanto partito sul decreto fisco.
Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti (LaPresse)
Le proposte di modifica depositate alla commissione bilancio del Senato sono 382, di cui quasi la metà della maggioranza.
C’è il promesso emendamento della Lega che conferma anche per il 2025 il taglio del canone Rai da 90 a 70 euro, così come (sempre della Lega) il rinvio al gennaio 2025 della seconda rata dell’acconto degli autonomi, compresi anche i contributi previdenziali e assistenziali. Spunta anche una nuova rottamazione, il quinquies, per le cartelle 2022-23, proposta dai senatori di Fi Lotito e Paroli. Che firmano anche l’emendamento per riaprire i termini del ravvedimento speciale delle violazioni tributarie.
Il governo lavora intanto alla riapertura dei termini del concordato biennale, terminato il 31 ottobre con un bottino di circa 1,3 miliardi. Troppo poco per poter procedere con la riforma dell’Irpef per il ceto medio. La nuova scadenza, che dovrebbe arrivare con un decreto-legge sul tavolo del prossimo Consiglio dei ministri, dovrebbe essere fissata al 10 dicembre. La convinzione al Mef è che con un po’ di tempo in più per studiare e metabolizzare la proposta del fisco la platea possa aumentare. E così anche le risorse. L’ammontare finale, spiegano diverse fonti, determinerà a cosa verranno destinate: Irpef, flat tax o forse altro, si vedrà.