Le indagini che hanno portato oggi a 10 arresti per presunti appalti truccati nella Asl di Bari hanno anche documentato, secondo gli investigatori, la “forte lievitazione dei costi nella fase di realizzazione delle commesse”. “Io ho stimato che di quei lavori forse 5 mila euro stanno (…) Come li giustifichiamo gli altri 120 mila euro?”, dicono gli indagati tra loro. A un imprenditore, spiegano gli inquirenti, erano stati dati “ampi margini di discrezionalità” nella “redazione dei computi metrici” che avrebbe comportato una maggiorazione dei costi, “di cui erano perfettamente a conoscenza” i pubblici ufficiali. Ai fini delle indagini sono state fondamentali le intercettazioni ambientali, nonostante le varie cautele utilizzate dagli indagati. Tra queste, anche lo scambio di ‘pizzini’ nella stessa stanza per non essere intercettati.
E proprio l’idea di essere sottoposti a perquisizioni ha spinto alcuni indagati a concordare tra loro una eventuale versione da dare agli inquirenti. “Se vengo a fare una perquisizione a casa tua e ti trovo 20 mila euro in contanti, tu puoi dire: “Io quei 20 mila euro li ho avuti da mio padre che mi ha dato…” (…) “…mi ha dato l’eredità, ce li aveva”, dicono gli indagati tra loro, intercettati. Oppure: “Io percepisco il fitto a nero, quelli sono tutti i fitti che io ho percepito e che ho tenuto… che ho tenuto da parte”. Ma tra loro si tranquillizzavano rispetto anche a eventuali processi: “Allora il cristiano lo puoi arrestare, però poi al processo, o comunque lo puoi indagare, ma al processo se ne uscirà pulito perché quello… l’avvocato dimostrerà che quei soldi dove sta scritto che è la tangente? Mica sta scritto sopra alla banconota ‘Tangente’. Quindi tu… (…) …per poter arrestare, devi fare… devi avere la flagranza di reato, che è una cosa quasi impossibile da fare”, si legge ancora nelle intercettazioni.