A rischio di estinzione a causa della pesca illegale e di altre molteplici minacce, le anguille, pesci dalla caratteristica forma che ricorda un serpente, sembrano però mettere in atto una varietà di strategie che potrebbe fare la differenza per la loro conservazione.
Le anguille, infatti, hanno comportamenti migratori dissimili che le aiutano ad adattarsi e colonizzare diversi habitat.
Un recente studio condotto dall’Università di Ferrara, insieme all’Università di Padova e all’Istituto di biofisica del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Pisa (Cnr-Ibf), ha infatti scoperto che non tutte le anguille si comportano allo stesso modo durante la migrazione: alcune sono esploratrici instancabili, pronte a risalire forti correnti, altre sono più “scalatrici”, esperte nel superare barriere come dighe e sbarramenti. Questo approccio individualizzato riduce la competizione per le risorse e aumenta le probabilità di sopravvivenza della specie.
La ricerca, che offre nuove prospettive per comprendere meglio le esigenze ecologiche delle anguille e contribuire alla loro tutela, è stata pubblicata sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences (Pnas).
La vita delle anguille
Dalla schiusa delle uova nel lontano Mar dei Sargassi, le larve di anguille europee, trasparenti e a forma di foglia di salice, vengono trasportate dalle correnti marine attraverso l’Oceano Atlantico e, dopo aver superato lo Stretto di Gibilterra, raggiungono ogni anno le nostre coste.
Le larve si trasformano in piccole anguille, note come “ceche“, pronte a vivere in acque dolci e a diventare nuotatrici attive.
Una volta giunte alle foci dei fiumi, le ceche iniziano la risalita, spingendosi sempre più a monte fino a trovare l’habitat ideale per la crescita e la maturazione sessuale.
Questo percorso fluviale è pieno di ostacoli: le giovani anguille devono superare barriere naturali e artificiali come dighe e sbarramenti, imparare a evitare predatori, cercare nuove fonti di cibo e infine individuare i luoghi più adatti alla loro crescita e sopravvivenza.
Questa impresa riesce proprio con l’applicazione di strategie differenziate.
cesto di anguille (Pixabay)
Secondo il team di ricerca, che ha condotto una serie di osservazioni su un gruppo di ceche campionate nel delta del Po, questa diversità di comportamento – o “personalità migratorie” – è un elemento cruciale per la sopravvivenza della specie.
“Contrariamente a quanto si pensa, una migrazione non è sempre un movimento coordinato di massa“, spiega Paolo Domenici, ricercatore del Cnr-Ibf.
“In alcune specie, per esempio, ci sono individui che migrano prima, seguiti da altri, o individui che scelgono di non migrare ogni anno. È il caso del salmone, dove alcuni individui maturano nei fiumi e nelle loro foci, mentre altri si spostano fino al mare aperto. Nello studio sulle anguille, ci siamo concentrati proprio su queste differenze“.