Le norme anti Covid erano ingiuste e i cittadini hanno diritto a essere risarciti con 10 euro per “danno non patrimoniale”. È il senso di una sentenza con cui un giudice di pace di Alessandria, Paolo Olezza, ha dato ragione a una ventina di persone che avevano fatto causa alla Presidenza del Consiglio dei ministri.
L’ente aveva chiesto di respingere il ricorso, ma il magistrato onorario ha sancito, nella sentenza, che “le posizioni espresse dall’attuale credibile Consiglio dei ministri” in materia di pandemia e vaccini sono “quasi una sorta di confessione stragiudiziale del carattere illecito della normativa”.
I ricorrenti avevano contestato praticamente per intero la legittimità della normativa anti Covid a cominciare dalla dichiarazione di “stato di emergenza nazionale” del 31 gennaio 2020, sostenendo di essere stati “costretti a comportamenti non desiderati in modo ricattatorio a fronte di benefici inesistenti per quanto concerne il contenimento dell’emergenza epidemica”.
La Presidenza del Consiglio aveva eccepito il “difetto di giurisdizione”, perché “l’attività legislativa è espressione del potere politico”, aggiungendo che, eventualmente, non poteva essere il Giudice onorario a decidere, ma al massimo la giustizia amministrativa (il Tar e il Consiglio di Stato).
Il giudice alessandrino si è detto di parere diverso in quanto non è stato chiamato a “invadere la funzione sovrana”, ma solo a stabilire se c’è stato un illecito civile. Inoltre, a differenza di colleghi che finora si erano pronunciati in senso opposto, ha stabilito che è corretto chiamare in causa la Presidenza del Consiglio (la “legittimazione passiva”).
Quindi ha spiegato che “il diritto alla salute non gode di una superiorità rispetto agli altri diritti fondamentali”, che gli effetti della legislazione emergenziale presentano “aspetti inquietanti”, che le persone sono state costrette a “inocularsi farmaci sperimentali o comunque non approvati in via definitiva”.
Non solo: ha elencato una serie di dati da cui risulta che “in Stati dove le norme di confinamento domiciliare non sono state adottate la diffusione dei contagi è stata inferiore e inferiore è stata la mortalità“. La conclusione è che ai ricorrenti spettano dieci euro ciascuno per “danno dinamico-relazionale e danno morale”.
Olezza ha utilizzato una serie di “autorevoli rappresentanti del Consiglio dei ministri e della maggioranza che lo sostiene”, ovvero Matteo Salvini, vicepremier, Marcello Gemmato, sottosegretario alla Salute, Marco Lisei, presidente della commissione parlamentare di inchiesta. Le loro dichiarazioni, secondo il giudice, hanno smentito le tesi sostenute dalla Presidenza del Consiglio durante la causa e quindi, secondo il giudice, l’ente deve soccombere e pagare dieci euro a ricorrenti.
Il riferimento, da quel che si ricava dalla sentenza, sono i commenti che hanno accompagnato il decreto legge 202 del 2024 sulla cancellazione delle multe ai No Vax.
Secondo il giudice i politici in questione hanno fatto capire che le multe furono “una forzatura”, che “nella normativa emergenziale ci sono stati errori in buona fede ma forse anche in mala fede”, che “la gestione di quel periodo è stata obiettivamente sbagliata”, che “era legittimo il timore del vaccino posto che alcuni vaccini hanno causato dei morti”.
“Se queste sono le posizioni espresse dall’attuale credibile consiglio dei ministri – afferma il magistrato – questo giudicante osserva quasi trattarsi di una sorta di confessione stragiudiziale della normativa oggetto di causa“. La conclusione è che la Presidenza del Consiglio dei ministri ha sostenuto, durante la causa, “tesi opposte rispetto a queste dichiarazioni e questa circostanza vanifica non poco la credibilità delle sue difese”.