Don Mattia Ferrari racconta di aver appreso dello spionaggio ai suoi danni direttamente da Meta su Whatsapp, “grazie anche ai ricercatori del Citizen Lab dell’Università di Toronto. Non mi ero accorto della notifica, che pure era arrivata sul mio telefono l’8 febbraio dello scorso anno, lo stesso giorno di Casarini. In questi giorni, quando mi hanno avvisato ho cercato a ritroso ed effettivamente l’avviso c’era”. Lo ha detto oggi al quotidiano La Stampa, chiamato a spiegare i motivi per i quali, dal suo punto di vista, sia stato attenzionato da qualcuno che ha necessità di indagare sulla sua attività di cappellano di bordo con la Ong Mediterranea Saving Humans che salva i migranti in mare.
A bordo della nave di Mediterranea, don Mattia Ferrari si occupa della “cupa spirituale dell’equipaggio e dei migranti, che attraversano il mare, o che vengono respinti nel deserto. Mi sono trovato anche a essere chiamato a bordo per dare la benedizione a persone torturare nei lager libici che erano in fin di vita”, racconta. “Inoltre ricevo insieme ad altri, chiamate da migranti per portare alla luce casi che altrimenti resterebbero invisibili. Altro compito mio è la cura delle relazioni di Mediterranea e di altri movimenti popolari con la Chiesa cattolica”, aggiunge.
Alla domanda su un possibile legame tra la sua attività per i migranti e le intercettazioni lui risponde: “È ipotizzabile, ma ci sono anche altre possibilità”. E poi aggiunge: Non ho paura per me, ma per le persone che subiscono orrori e violenze indicibili sulla base di accordi che gli Stati hanno stipulato per tenere i migranti lontani dalle nostre ose, sacrificano i diritti umani e la fraternità che ci lega”.
Si spinge anche a collegare il caso Paragon con il caso Almasri: “Veniamo anche da giorni in cui si è parlato molto del caso Almasri. Le due vicende teoricamente sono scollegate, ma restano comunque due ferite da riparare”, dice il sacerdote.
La notifica di minaccia ricevuta da don Mattia è simile a quella pervenuta al capomissione di Mediterranea Luca Casarini (che ha presentato un esposto a Palermo) ed è stata inviata dalla società Meta lo stesso giorno. In particolare, nel rapporto “Adversarial Threat Report” di Meta pubblicato nel febbraio 2024, l’azienda ha riferito di aver individuato e tentato di contrastare le operazioni di alcuni spyware operanti nel settore della sorveglianza a pagamento che hanno preso di mira persone in tutto il mondo.
Meta ha rilevato le operazioni di spyware di otto aziende di Italia, Spagna ed Emirati Arabi Uniti, che forniscono le loro tecnologie alle autorità governative. Ha poi riferito di varie tecnologie, tra cui un malware in grado di effettuare operazioni per raccogliere e accedere alle informazioni del dispositivo, alla posizione, alle foto e ai contenuti multimediali, ai contatti, al calendario, alle e-mail, agli Sms, a Telegram, Skype, Viber, Facebook, Instagram, LinkedIn, Signal, WhatsApp, e operazioni per attivare le funzionalità di microfono, fotocamera e screenshot.
Casarini: “Forze occulte e grandi interessi, serve discussione pubblica”
“Non può il governo su un caso del genere chiudersi nel Copasir, con tutto il rispetto che io ho per la sicurezza nazionale e cose del genere. Qui c’è un’attività di spionaggio, se non sono stati loro ci spieghino perché non hanno attivato un controspionaggio, perché allora vuol dire che c’è stato qualche altro Paese che ci spia o qualche altra forza occulta”. Cosi Luca Casarini, fondatore della Ong Mediterranea Mediterranea Saving Humans che sul caso Paragon si rivolge direttamente alla premier Meloni perché vengano ridiscussi i patti con la Libia.
“Noi qua purtroppo – ha spiegato da Napoli dove ha accolto l’arrivo di una nave con 41 migranti a bordo provenienti dalla Libia – abbiamo milizie che girano, capi boss come Almasri che gira per l’Europa tranquillo e che poi viene riportato a casa pure con un volo di Stato, abbiamo in Italia esponenti di milizie libiche e non solo, mafie di tutti i tipi. Non si può chiudere al Copasir questa cosa qua, dovrebbe essere l’occasione, e questa è la proposta che faccio alla presidente Meloni, per riaprire la discussione sul patto Italia-Libia per esempio“.
“Dopo il caso Almasri – spiega Casarini – tutti lo chiedono, e allora se si ha il coraggio, se non si vuole passare per quelli che scappano, dico alla Presidente Meloni, venga a discutere, apriamo la discussione su questi patti Italia-Libia che datano 2017, che sono sempre stati rinnovati in maniera automatica dal Parlamento, ma che oggi dopo il caso Almasri e anche dopo il caso Paragon vorremmo ridiscutere”.
“Penso – spiega ancora – che purtroppo dietro questa storia della situazione in Libia e in Tunisia ci siano degli accordi indicibili tra entità diverse. Io vi ricordo che la Libia è il luogo dove si gioca una grande partita sull’energia e sul petrolio in particolare. La Tunisia è un luogo che qualcuno pensa che si possa trasformare in una specie di frontiera dell’Europa del Sud, facendo fare proprio la frontiera a questo Paese che è in gravissima crisi economica e anche democratica, perché vi ricordo che lì c’è una situazione di una autocrazia sostanzialmente e quindi i diritti civili, i diritti delle persone, sono molto compressi”.
John Scott Railton, ricercatore senior di The Citizen Lab dell’Università di Toronto, ha detto che “essere avvisati di essere presi di mira da un attacco sostenuto da un qualche governo indica che la persona è stata probabilmente selezionata per il monitoraggio utilizzando capacità avanzate. In base alla nostra esperienza, ciò solleva la possibilità che anche altri individui della sua rete di contatti possano essere stati presi di mira a loro volta.
Questo avviso di Meta è molto utile per suggerire che potrebbe esserci un problema più grande, più tecnologie in gioco e più casi che ora devono essere indagati”. Il fatto che l’attacco a don Mattia sia avvenuto contemporaneamente alla notifica a Luca Casarini “suggerisce che potrebbero essere stati presi di mira come parte dello stesso ‘gruppo’.
Ciò solleva anche – afferma Mediterranea – la preoccupante possibilità che siano state prese di mira altre persone, oltre a quelle attualmente note al pubblico, e che siano state utilizzate più tecnologie nell’ambito della stessa operazione di sorveglianza. Dovremmo iniziare a chiederci esattamente quali tecnologie possano essere state utilizzate nell’ambito di operazioni di spionaggio di natura governativa, di cui stiamo rivelando l’esistenza. Don Mattia non lavora a titolo puramente individuale, ma svolge un servizio in piena comunione e sintonia con le autorità ecclesiastiche che hanno giurisdizione su queste questioni, come i pastori della Chiesa hanno ripetutamente affermato”.