Nuovi dettagli emergono nella tragedia in cui i tre amici Patrizia Cormos, Bianca Doros e Cristian Molnar morirono travolti dalle acque del Natisone in piena il 31 maggio scorso. L’avvocato che assiste le famiglie dei tre ragazzi, Maurizio Stefanizzi, ha reso noto l’esito di una perizia secondo la quale “per salvare i ragazzi, l’elicottero avrebbe impiegato solo due minuti a testa”.
La stima tecnica di un “salvataggio possibile”
Vale a dire che, utilizzando verricello e ciambella, “in sei minuti sarebbero stati salvati tutti e tre”. Ovviamente, “se fosse stato attivato in tempo utile”. La perizia è quella agli atti nella ricostruzione fatta dai carabinieri e ora in possesso anche delle parti offese. “La tempistica è stata stabilita direttamente dalla perizia, redatta dall’esperto del Soccorso alpino, chiamato ad analizzare le manovre necessarie al tecnico di elisoccorso, che quel giorno era all’aerobase di Pasian di Prato ma che è stato allertato troppo tardi”, aggiunge il legale.
L’ultimo appello drammatico di Mihaela: “Non abbiamo più tempo”
La parte più drammatica delle telefonate è quando la ragazza lancia il suo ultimo appello: “Non abbiamo più tempo – dice ai soccorritori – non ce la facciamo più. Solo un elicottero può salvarci”.
3 ragazzi travolti dalla piena del fiume Natisone (ansa)
Fino alle 14.06 i ragazzi potevano essere tratti in salvo e vivi
Il perito dall’osservazione delle fotografie della tragedia, si spinge a precisare che fino alle 14:06 si sarebbe potuto effettuare il soccorso traendo in salvo i ragazzi. E spiega anche come la manovra avrebbe dovuto essere eseguita: visto che il ragazzo in acqua fungeva da ancoraggio per le due ragazze, il tecnico soccorritore si sarebbe calato con il verricello entrando in acqua e, utilizzando la ciambella o il triangolo di evacuazione, avrebbe issato una delle due ragazze chiedendo al giovane di mantenere la presa sull’altra ragazza. Poi, avrebbe potuto ripetere analoga manovra con quest’ ultima e infine con il ragazzo. Addirittura, il perito considera l’ipotesi che, messa in salvo la prima ragazza, la situazione fosse diventata ancora più pericolosa dunque non esclude che il soccorritore, d’accordo con il pilota, avrebbe potuto issare contemporaneamente la seconda ragazza, il ragazzo e, ovviamente, se stesso.
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Tragedia del Natisone, continuano le ricerche di Cristian – 04 giugno 2024 (Ansa)
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Continuano le ricerche dei ragazzi scomparsi nel Natisone (Ansa/Vigili del fuoco )
“Macchina dei soccorsi legnosa e lenta”
L’avvocato Stefanizzi punta il dito sulla eccessiva rigidità dei soccorsi, tale da rendere la ‘macchina’ legnosa e lenta: “Ci aspettiamo che il processo chiarisca questo aspetto e sia utile quanto meno a un aggiornamento dei protocolli, affinché quei tre giovani non siano morti invano”. Per il legale il personale in servizio nelle centrali operative è stato “troppo attento al rispetto delle procedure perdendo di vista il senso della propria funzione: come si può definire un semplice soccorso tecnico e non sanitario qualcosa che può evolvere in pochi minuti in una tragedia? Quando c’è una richiesta di aiuto tempo-dipendente deve per forza essere classificata come pericolosa per le persone coinvolte. Invece, si sono persi minuti decisivi facendo decollare elicotteri lontanissimi, invece del velivolo di stanza a pochi minuti dalla tragedia”.
La prima chiamata al 112 di Patrizia Cormos risale alle 13.29; il torrente ha travolto i ventenni alle 14.10. Troppo tardi, per salvare i tre ragazzi abbracciati nella piena, e poi travolti per trovare la morte.
Lo stato delle indagini
L’inchiesta si è concentrata sulle comunicazioni tra Sores e vigili del fuoco. Nell’atto di conclusione delle indagini si parla di procedure di intervento disattese. Contestata l’attivazione prima di mezzi non idonei a quel soccorso, come un’autoscala. Troppo tardiva quella dell’elicottero sanitario, che arriva 43 minuti dopo il primo SOS. Tre minuti troppo tardi, la corrente aveva già trascinato via i ragazzi.
Il 31 gennaio scorso, con la conclusione delle indagini, l’ipotesi del reato di omicidio colposo per quattro persone coinvolte nell’inchiesta (un infermiere e tre vigili del fuoco).