Tornano i sigilli della Polizia giudiziaria belga nei corridoi del Parlamento Europeo, oltre due anni dopo il Qatargate.
Questa volta, secondo le autorità belghe, i presunti corruttori sarebbero i lobbisti che lavorano per il colosso cinese delle telecomunicazioni Huawei.
La Procura Federale ha comunicato di aver chiesto alla presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola, di porre i sigilli agli uffici di due assistenti parlamentari. Una persona è stata arrestata in Francia, colpita da un ordine di arresto europeo. Decine le perquisizioni.
Nome in codice “Generazione”
Fino a giovedì si trattava di un caso “sotto embargo”. I rapporti delle indagini preliminari non erano stati inviati al database della polizia e solo un numero limitato di magistrati e ufficiali era a conoscenza del segreto. Nome in codice: ‘Generazione’.
La notizia dell’inchiesta è stata data dal quotidiano belga francofono Le Soir e dal settimanale fiammingo Knack. La stessa filiera del Qatargate, con l’aggiunta questa volta della piattaforma olandese di giornalismo investigativo Follow the Money e dei greci di Reporters United. Secondo Le Soir, le perquisizioni avrebbero riguardato 21 indirizzi, prendendo di mira diversi lobbisti che hanno lavorato o lavorano per Huawei. Perquisiti anche gli uffici bruxellesi di Huawei, a Etterbeek.
L’indagine sarebbe aperta con i capi di imputazione di corruzione, falso, riciclaggio e associazione a delinquere. Diversi lobbisti, secondo il quotidiano belga, sarebbero stati privati della libertà per essere interrogati.
Huawei, la nuova inchiesta che coinvolge il colosso cinese delle TLC (AFP)
Il sospettato numero uno e quei legami politici italiani
Tra i nomi della nuova inchiesta giudiziaria che fa tremare il parlamento europeo spicca, ancora una volta, quello di un italiano: Valerio Ottati, il capo dei lobbisti del colosso cinese delle telecomunicazioni Huawei a Bruxelles.
Dalla doppia nazionalità, italiana e belga, Valerio Ottati nasce a Woluwe-Saint-Pierre, figlio di Michele, un ex funzionario della Commissione europea arrivato dalla Basilicata a Bruxelles nel lontano 1975. Dal 2019 Ottati è direttore degli affari pubblici di Huawei con l’Unione Europea, ma nel suo curriculum c’è una vita nella bolla delle istituzioni Ue. Prima di diventare lobbista, infatti, Ottati ha trascorso quasi dieci anni al Parlamento europeo, come assistente parlamentare di Crescenzio Rivellini, eurodeputato italiano di Forza Italia, tra il 2009 e il 2014, e poi fino al 2019 come assistente del Dem Nicola Caputo, oggi assessore regionale di Italia Viva in Campania con deleghe all’Agricoltura nella giunta di De Luca.

Al centro il lobbysta di Huawei Valerio Ottati che ha il ruolo di responsabile dei rapporti politici del colosso delle Tlc cinesi con l’Unione Europea. Un passato da assistente parlamentare in Europa prima con Crescenzio Rivellini, eurodeputato italiano di Forza Italia, tra il 2009 e il 2014 (a destra) poi fino al 2019 come assistente del Dem Nicola Caputo, oggi assessore regionale di Italia Viva in Campania con deleghe all’Agricoltura nella giunta di De Luca (a sinistra) (@web)
Quando nascono i rapporti di Ottati con la Cina
Il ponte con la Cina sarebbe iniziato già in quegli anni, quando Ottati si specializzò nella gestione delle relazioni tra Ue e Cina, gestendo la delegazione parlamentare per le relazioni con Pechino. Ma i presunti illeciti dell’italiano sarebbero iniziati dopo la sua vita da assistente parlamentare; quando, stando alle ipotesi del procuratore riportate dalla stampa locale, avrebbe fatto pressioni e regali a eurodeputati per difendere gli interessi del gruppo cinese di fronte alle normative Ue, sempre più severe in materia di sicurezza digitale.
Dall’indagine emergono dettagli che parlano di biglietti per lo stadio e inviti per viaggi in Cina, ma da Ottati e dalla sua squadra potrebbe essere arrivato qualcosa in più di semplici regali. L’inchiesta giudiziaria esplosa a Bruxelles infatti mira a stabilire se alcune delle azioni del lobbista e dei suoi dipendenti abbiano oltrepassato la soglia della legalità, sfociando nella corruzione per conto della sua azienda. Da anni a Bruxelles si discute dell’affidabilità del colosso cinese e delle sue intenzioni di sviluppare le infrastrutture 5G in Europa, con diversi Stati membri che hanno deciso di mettere al bando il gigante tecnologico.

La sede del Parlamento Europeo di Strasburgo (GettyImages)
In Europa le lobby possono interloquire con i parlamentari. Ma ci sono vincoli
Il codice di condotta degli eurodeputati prevede che i regali superiori al valore di 150 euro vengano dichiarati, tramite un apposito registro. Nessun eurodeputato è formalmente indagato, ma secondo Le Soir potrebbe essere richiesta la rimozione dell’immunità, con il proseguimento delle indagini, per qualche parlamentare.
Nel radar degli investigatori sarebbero una quindicina di europarlamentari, tra attuali ed ex. L’intensa attività di lobbying di Huawei mirava a contrastare a Bruxelles le pressioni degli Usa, volte a contenere la presenza del colosso cinese sul mercato europeo. Le telecomunicazioni sono un ambito estremamente sensibile anche per la sicurezza e per le attività di intelligence. L’attivismo lobbistico di Huawei negli ultimi anni è attestato anche dal pubblico registro degli incontri degli eurodeputati. Quelli registrati, quindi regolari, pubblici e conosciuti, sono oltre una novantina e riguardano eurodeputati di tutti gli schieramenti, anche italiani. Va ricordato che incontrare i rappresentanti dei portatori di interessi non è un’attività criminale, ma fa parte del lavoro politico di ascolto, mediazione e sintesi che un parlamentare europeo è chiamato a svolgere.

Uno degli uffici parlamentari posti sotto sigillo è di Adam Mouchtar, assistente parlamentare dell’eurodeputato di Renew, il bulgaro Nikola Minchev (@web)
Gli uffici parlamentari di Bruxelles sotto sigillo
I due uffici del Parlamento europeo a cui sono stati posti i sigilli nell’ambito dell’inchiesta appartengono ad Adam Mouchtar, funzionario di lunga data e attuale assistente di Nikola Minchev, europarlamentare bulgaro dei liberali di Renew Europe, e ad assistenti che lavoravano per il capodelegazione di Forza Italia, Fulvio Martusciello, e per il suo collega di partito Marco Falcone, stando alle pagine pubbliche del Parlamento e a tre persone che lavoravano presso l’istituzione – anche se non è chiaro quali assistenti e parlamentari europei sarebbero stati interessati dall’indagine.
Il quotidiano Politico riferisce che Mouchtar era anche co-fondatore di un gruppo chiamato EU40 che aveva come presidente la politica greca Eva Kaili, figura chiave nell’inchiesta sulla corruzione detta Qatargate.

Il parlamentare europeo Fulvio Martusciello (Ppe-Forza Italia), uno degli uffici chiusi sarebbe legato a lui e al collega Marco Falcone, dello stesso gruppo (@web)
La replica di Forza Italia
La delegazione di Forza Italia al Parlamento Europeo precisa che “nessun tipo di utilità di qualsiasi genere è mai stata conferita a membri o componenti dello staff. Inoltre, nessun invito è stato mai raccolto, né per visite in Cina né tantomeno per assistere a eventi allo stadio”. “Come sempre – prosegue la delegazione – collaboriamo con la magistratura con il consueto spirito di trasparenza”.
Il Parlamento europeo di nuovo sotto accusa: “Aperti a ogni collaborazione con gli inquirenti”
Il Parlamento europeo, dal canto suo, ha fatto sapere di aver ”preso atto” dell’inchiesta e ha precisato che collabora sempre con le autorità nazionali.
Il gruppo della Sinistra, che dopo il Qatargate aveva chiesto invano riforme profonde per contenere e regolamentare l’attività lobbistica, chiede interventi rapidi per riformare un’istituzione ”sempre più corrotta”, secondo le parole della copresidente Manon Aubry di France Insoumise.
Anche il verde tedesco Daniel Freund invoca riforme, necessarie perché a Bruxelles, sottolinea, il rischio di corruzione ”è alto”.
Per Nicholas Aiossa, direttore di Transparency International Eu, al Parlamento europeo esiste tuttora una ”cultura dell’impunità” che andrebbe combattuta con riforme serie.

Quanto spendono le principali Lobby Tech per gestire i rapporti con le istituzioni europee (Corporate Europe Observatory e Lobbycontrol)
Huawei: “Stiamo valutando l’accaduto”
“Stiamo esaminando la questione. Huawei si impegna a rispettare tutte le leggi e le normative applicabili dei paesi e delle regioni in cui opera”, dice un portavoce di Huawei raggiunto per un commento nella serata di ieri dal South China Morning Post.