Da uno degli spot più celebri della storia della Tv alla scuola dalle suore, poi Non è la Rai, il no a Brad Pitt, la lite con Naomi Campbell, la carriera da documentarista. Yvonne Sciò si racconta in un’intervista al Corriere della Sera, ripercorrendo la sua strada nel mondo dello spettacolo, fatta di scelte importanti che hanno condizionato in modo netto il corso delle cose.
A Non è la Rai per tre mesi
Dopo la notorietà grazie allo spot Sip, con la celebre frase “mi ami ma quanto mi ami”, diventata inevitabilmente un modo di dire, partecipa a Non è la Rai, in realtà per un periodo brevissimo, pur essendo quello uno dei ruoli per i quali è più ricordata. Un contratto breve, quello con la trasmissione, che era stata lei stessa a chiedere. “Mi sono pentita di aver rifiutato un contratto lungo: avrei guadagnato tanto, ma a quell’età credi negli ideali, i soldi non ti interessano e io avevo paura di chiudermi in una gabbia. Forse è per questo bisogno di libertà che non ho avuto una carriera lineare, ma nella vita non puoi far finta di essere qualcun altro. Dopo, ho fatto una tournée con Mario Monicelli, un film di Nanni Loy con Marcello Mastroianni, ma decisi di trasferirmi a Los Angeles. L’idea che lì nessuno mi conoscesse mi spronava ancora di più ad arrivare. Non mi importava essere popolare, volevo essere brava. Troppe volte mi è stato detto che, se ero bella, non potevo essere brava”.
Il no a Brad Pitt
Respinse Brad Pitt, “Perché era Brad Pitt, troppo bello, mi metteva soggezione. La prima volta, a una festa a Los Angeles, lui, dall’altro lato della sala, viene diritto verso di me. Mi guarda e dice: “You look so beautiful”. Io muta, con la mascella aperta. Ogni volta che l’ho visto, mi ha chiesto il numero. Voleva prendere lezioni di italiano e gli consigliai di chiedere al nostro Istituto di Cultura. Pensi che genio…”.
L’aggressione di Naomi Campbell
Nel 2005, denunciò Naomi Campbell per averla aggredita. “Forse, quella sera era di cattivo umore. È alta due metri, muscolosa, io sono piccolina, me la sono ritrovata addosso, c’era sangue dappertutto. Eravamo amiche da anni, l’avevo raggiunta a Roma dove stava girando uno spot, ma lì disse che volevo rubarglielo: una follia. Le ho fatto causa soltanto perché volevo che si scusasse, ma non si è scusata”.