Roberto Benigni torna su Rai1 con “il Sogno” e leva il suo inno all’Europa e alla pace, a poche ore dall’attacco della premier Giorgia Meloni al Manifesto di Ventotene e alla vigilia del Consiglio europeo sul piano di riarmo.
In un momento in cui “i potenti del mondo sono tutti personcine tranquille, perbene, sagge equilibrate e al pensiero che gli armamenti e le bombe atomiche sono nelle loro mani si va a dormire tranquilli”, e “a Putin piace proprio l’Europa, ci vuole entrare a modo suo, bussa con i carrarmati”, per Benigni “c’è da essere orgogliosi di essere europei: l’Europa è il continente più piccolo del mondo che ha acceso la miccia di tutte le rivoluzioni, ha trasformato il pianeta, da tremila anni è la fucina dove sono stati forgiati alcuni fra i più grandi pensieri dell’umanità”, “un patrimonio comune, un tesoro immenso in tutti i campi”.
L’Europa, insiste il premio Oscar citando De Gasperi – “il più grande presidente del Consiglio che abbiamo avuto” – “non è una cosa fredda che sta a Bruxelles o a Strasburgo, è una cosa calda, vicina, piena di passione e amore. Non a caso il suo inno è l’Inno alla Gioia di Beethoven”.
Da “europeista estremista”, convinto che il nazionalismo sia “il carburante di tutte le guerre”, “una fede integralista, un’ossessione per la nazione al di sopra di tutto, anche di Dio, una malattia che si maschera da patriottismo”, il premio Oscar sottolinea che “la pagina più commovente ed entusiasmante” di questo cammino federale è stata scritta proprio in Italia: “in una piccola isola del Tirreno che si chiama Ventotene”.
“Mentre tutto intorno c’erano rovine, morti, cadaveri, nel 1941, su questo scoglio, tre uomini, tre eroi, Spinelli, Rossi e Colorni, ebbero un lampo, un’idea, di cambiare tutto, girare pagina: l’idea dell’unità europea. Pensavano al nostro futuro, con un documento che era un sogno ma anche di una concretezza e di una profondità straordinaria”. Racconta così la storia del Manifesto di Ventotene: “una sorta di favola”, scritta da uomini che “non guardavano alle prossime elezioni, ma alle prossime generazioni”.
Un testo che “contiene alcune idee superate, legate a quel periodo storico ma questo non toglie la sua grandezza, perché l’idea centrale è ancora attualissima”, fondata sulla “giustizia sociale che non lascia indietro nessuno“.