Sono tanti i film, in forma di documentari, medio, corto o lungometraggi, d’animazione, che affrontano il tema ambientale. Che abbiano scopi didattici, vogliano far riflettere o presentino scenari apocalittici per scuotere le coscienze, il loro impatto è notevole, perché lo spettatore, nel suo stato semi-onirico, quasi tocca con mano le maestose vallate norvegesi dove i ghiacciai si stanno ritirando; vive ambienti sottomarini pieni di plastiche; percepisce l’asperità dell’altopiano boliviano dimenticato dalle piogge; “sperimenta” la moria delle api o la sedentarietà in un mondo futuribile, dove sono le macchine a far da padrone.
La salvaguardia dell’ambiente e del Pianeta non deve essere un tema da tenere a mente solo il 22 aprile, in occasione della Giornata della Terra, ma una priorità per tutti. Alcuni film lanciano questo allarme, eccone una carrellata:
L’alba del giorno dopo (The Day After Tomorrow) di Roland Emmerich (2004)
E’ un film apocalittico del cineasta tedesco Roland Emmerich, punto di riferimento dei disaster movie.
La storia gira intorno ad un paleoclimatologo che si trova a dover fronteggiare l’avvicinarsi di una nuova glaciazione frutto dei cambiamenti climatici, con parti di Antartide già distaccate a causa del riscaldamento globale.
Nel lungometraggio, in diverse parti del mondo si verificano eventi meteorologici improvvisi e drammatici: enormi chicchi di grandine flagellano Tokyo, uragani di una violenza mai registrata prima si abbattono sulle Hawaii, Nuova Delhi è sepolta sotto la neve e Los Angeles viene spazzata via da una serie di tornado devastanti.
Wall-E di Andrew Stanton (2008)
È un coinvolgente film di animazione che ha come temi principali l’inquinamento e l’eccessivo sfruttamento delle risorse e invita a riflettere sugli effetti disastrosi del consumismo sfrenato.
Il protagonista è Wall-E: un simpatico robot, ultimo abitante dela Terra, ormai abbandonata e ricolma di rifiuti, che incontra un altro robot inviato sul Pianeta in cerca di una qualche forma di vita. Insieme viaggeranno nello spazio per tornare a ripopolare la Terra.
La canzone della terra (Songs of Earth) di Margreth Olin (2023)
Prodotto da Wim Wenders e Liv Ullmann, il documentario è uscito nelle nelle sale italiane nell’aprile del 2024, in occasione della 54° Giornata mondiale della Terra.
Il film, candidato dalla Norvegia all’Oscar 2024 come miglior film internazionale, offre una riflessione sul rapporto dell’uomo con la natura e sul legame tra genitori e figli.
Margreth Olin, regista e protagonista del documentario, ha fatto ritorno nella valle in cui è nata, nel cuore della Norvegia e, per un anno, ha filmato lo scorrere delle stagioni, lasciando trasparire la memoria di chi è stato in grado di vivere in armonia i tempi, i colori e le temperature dettate dall’ambiente e denunciando con dolore la perdita di tutto questo.
“Re della terra selvaggia” (Beasts of the Southern Wild) di Benh Zeitlin (2012)
Film americano candidato a quattro premi Oscar, Caméra d’or al Festival di Cannes 2012, “Re della terra selvaggia” è un’ opera prima e parla di una comunità abbandonata chiamata “Bathtub” (la Grande Vasca) che vive in una zona paludosa e malsana, nel sud della Louisiana, sotto la minaccia del riscaldamento globale.
La protagonista è una bimba di sei anni, Hushpuppy, che vive col padre malato che la sta preparando a un mondo dove lui non ci sarà per proteggerla e minacciato dall’infrangersi degli equilibri naturali, dove i ghiacci si sciolgono e arrivano gli Aurochs: misteriose creature preistoriche.
“Il mio amico in fondo al mare” (My Octopus Teacher) di Pippa Ehrlich e James Reed (2020)
“My octopus teacher” ha vinto l‘Oscar 2021 come miglior documentario e la traduzione italiana del titolo smorza il significato, più forte, di quello originale. Non si tratta, infatti, solo di amicizia ma di imparare dalla natura l’importate e delicato equilibrio degli ecosistemi.
Il filmmaker Craig Foster ha trascorso, per un anno, molto tempo insieme ad un polpo, sott’acqua, in una foresta di kelp (ecosistemi marini formati da grandi alghe brune che crescono in acque fredde e poco profonde) in Sudafrica. Come le barriere coralline, queste foreste di alghe sono minacciate dall’inquinamento e dal riscaldamento globale.
Il film mostra la relazione tra l’animale e l’uomo, mentre lo cerca, lo segue e impara da lui. Il polpo dà una profonda lezione sulla fragilità della vita e sulla connessione dell’umanità con la natura.
“Domani” (Demain) di Cyril Dion e Mélanie Laurent (2015)
Questo documentario è un’ottimistica spinta al cambiamento. Mélanie Laurent, l’attrice francese di “Bastardi senza gloria”, e l’attivista Cyril Dion propongono un viaggio intorno al mondo alla ricerca delle soluzioni più efficaci per dimostrare che un futuro migliore è possibile. Partendo dagli esperimenti più riusciti nei campi dell’agricoltura, energia, architettura, economia e istruzione, i due registi immaginano un nuovo futuro per noi e per le generazioni che verranno.
“Principessa Mononoke” (Mononoke-Hime) di Hayao Miyazaki (1997)
L’ottavo film d’animazione del maestro giapponese Miyazaki ha 27 anni ed è ambientato in un mondo antico, ma ha vocazione ed anima contemporanee.
Principessa Mononoke è un cartoon politico e feroce e parla dello scontro tra uomo e natura. Descrive le conseguenze dello sfruttamento sconsiderato delle risorse della natura e lancia un monito inascoltato
In un viaggio alla ricerca della cura per una maledizione demoniaca, il protagonista, Ashitaka, conosce una comunità sotto lo scacco dei poteri divini, dove San, ragazza selvaggia allevata dai lupi, odia la propria specie e porta su di sé tutto il dolore della natura, ferita e guardinga.
“Punto di non ritorno” (Before the flood) di Fisher Stevens (2016)
Leonardo Di Caprio, che è produttore e protagonista di questo documentario, è da sempre sensibile al tema ambientale e, insieme al co-creatore e regista Fisher Stevens, nell’arco di tre anni ha girato il Pianeta per documentare gli impatti devastanti del cambiamento climatico.
Nel suo viaggio, Di Caprio incontra scienziati, attivisti e leader mondiali tra cui Barack Obama, Papa Francesco e l’astronauta britannico Piers Sellers (1955-2016), per discutere dei pericoli del riscaldamento globale e delle possibili soluzioni, mettendo in discussione la capacità dell’uomo di invertire quella che potrebbe diventare la catastrofe più grande mai affrontata dall’umanità.
“Una scomoda verità” (An inconvenient truth) di Davis Guggenheim (2006)
Lungometraggio sul riscaldamento globale, il film ha vinto due Oscar: come miglior documentario e come migliore canzone, “I need to wake up” di Melissa Etheridge che, già nel titolo, sottolinea la necessità di attivarsi.
Protagonista è l’ex vicepresidente degli Stati Uniti d’America Al Gore. Il regista lo segue nel suo tour di conferenze in cui si impegna a divulgare i rischi del Pianeta a causa dei gas serra, denunciando lo stato di grave pericolo dell’ecosistema derivante, in particolare, dal fenomeno del “Global warming“. Consapevole di andare incontro a scetticismo, Gore presenta dati scientifici e previsioni basate su ricerche di esperti.
“Un mondo in pericolo” (More than Honey) di Markus Imhoof (2012)
L’ape, si sa, è una grande lavoratrice, lavora come impollinatrice, produce il miele e garantisce la biodiversità. Cosa accadrebbe se scomparisse dalla faccia della Terra? Che l’uomo potrebbe sopravvivere per solo 4 anni, sosteneva Albert Einstein.
Le api sono responsabili di circa il 70% dell’impollinazione di tutte le specie vegetali del Pianeta e senza di loro moltissime varietà di piante non ci sarebbero più, con gravi conseguenze per l’alimentazione degli animali, compresa quella dell’uomo, ed è questo l’allarme che il regista Markus Imhoof ha voluto lanciare con questo film che fa riflettere sui cambiamenti climatici e sui danni dell’agricoltura intensiva.
Un paragone tra un film e l’emergenza ambientale lo fece l’allora primo ministro inglese, Boris Johnson, alla 26° Conferenza mondiale sui cambiamenti climatici (COP26), nel 2021 a Glasgow.
Johnson esordì dicendo che il lavoro che aspettava i Governi di tutto il mondo era un po’ come quello di James Bond nei film: sempre chiamato a disattivare, all’ultimo minuto, una qualche macchina da fine del mondo.
Marco Gisotti, giornalista, divulgatore, esperto di green economy, nella prima parte del libro “Ecologia cinematografica”, scrive: “Mai paragone fu meno calzante, non solo perché di solito le macchine ‘fine del mondo’ sono create dai cattivi e non da 007, mentre la minaccia climatica ce la siamo accuratamente costruita da soli, ma soprattutto perché si è trattato di un paragone di pessimo auspicio, considerando che nell’ultimo film dell’agente segreto più famoso del mondo, uscito qualche settimana prima della conferenza sul clima, James Bond muore.”