In Scozia Donald Trump e Ursula von der Leyen hanno raggiunto l’intesa sui dazi: l’accordo è su un’unica aliquota tariffaria del 15% per la stragrande maggioranza delle esportazioni europee negli Stati Uniti, rispetto a una media precedente del 4,8%. La tariffa – “che rappresenta un limite massimo ed è tutto compreso” ha sottolineato la Presidente della Commissione europea – si applica alla maggior parte dei settori, tra cui auto, semiconduttori e prodotti farmaceutici. Previste delle esenzioni per comparti specifici quali alcuni farmaci generici, alcuni microprocessori, aeronautica e loro componenti, determinati prodotti chimici, risorse naturali, materie prime critiche.
La Ue, in base all’accordo, per i prossimi tre anni, si è impegnata ad acquistare prodotti energetici dagli Usa per circa 750 miliardi e forniture dall’industria militare americana. Al contempo la Ue investirà negli States fino a 600 miliardi di dollari, da sommarsi a quelli già in atto, oltre a garantire flessibilità sul mondo tech, IA e criptovalute. L’Europa, ancora, accantonerà i due pacchetti di contromisure ai dazi da 92 miliardi di euro pronti a scattare il 7 agosto.
La presidente della commissione Europea Ursula Von der Leyen stringe la mano al presidente degli Usa Donald TRump dopo aver trovato l’accordo sui dazi, 27 luglio 2025 (getty)
C’è da dire che l’accordo Usa-Ue non riguarda l’acciaio e l’alluminio. Washington, che ha imposto il 50% a livello globale su queste merci, potrebbe tornare sui propri passi dopo ulteriori negoziati o almeno è il sentiment espresso da von der Leyen che ha indicato l’introduzione di un eventuale “sistema a quote”. È il New York Times a riportare la notizia citando un alto funzionario americano: “La presidente della Commissione europea e il presidente degli Stati Uniti hanno raggiunto un accordo commerciale secondo il quale quasi tutte le esportazioni dell’Ue verso gli Usa saranno soggette a dazi del 15%. Il dazio del 50% imposto dall’amministrazione Trump sull’acciaio e sull’alluminio a livello globale non rientra nell’accordo”.

Fabbrica Stellantis (GettyImages)
- L’intesa al 15% offre un vantaggio per il settore automotive, inclusa la filiera della componentistica, che vede appunto un allentamento del dazio che passa dal 27,5% alla nuova soglia.
- Per quanto riguarda il settore agroalimentare i dazi peseranno sul vino italiano, settore di punta dell’export negli Stati Uniti con un fatturato di 1,9 miliardi su un totale di 7,8. Dal 1 agosto il dazio al 15% si stima avrà un impatto sul settore per 317 milioni. Al contrario dovrebbero essere salvi i prodotti lattiero-caseari e l’olio extravergine d’oliva.
- L’intesa non conforta il comparto sanitario e le dichiarazioni di Trump alimentano i timori: “Non possiamo dipendere da Paesi terzi per i farmaci”. Il Presidente Usa minaccia dazi progressivi già a partire da agosto senza escludere l’ipotesi di arrivare alla cifra monstre del 200%. Vaccini e dispositivi essenziali, invece, si fermano a quota 15.
- Anche per i chip la partita resta aperta. Confermati i dazi per i semiconduttori al 15% ma ci potrebbero essere ulteriori sorprese.
Le esenzioni, invece, riguarderanno settori più sensibili e ad alta intensità tecnologica: i cosiddetti “prodotti strategici”, con tariffa a 0%, saranno salvi dai dazi. Tra questi rientrano tutti gli aeromobili e i relativi componenti, l’industria aerospaziale (tacito accordo di non belligeranza tra il colosso franco-europeo Airbus e l’americana Boeing), robotica avanzata e macchinari industriali, alcuni prodotti chimici, alcuni farmaci generici, apparecchiature a semiconduttori, alcuni prodotti agricoli, risorse naturali e materie prime essenziali. Anche liquori e alcool potrebbero essere risparmiati.

La selezione di falsi formaggi italiani prodotti negli Stati Uniti, scovati dalla Coldiretti, dal parmesan al provolone fino alla mozzarella (Ansa)
28/07/2025
L’aumento dei dazi potrebbe alimentare ulteriormente il fenomeno dell’Italian sounding, ovvero di quei prodotti alimentari e bevande che, pur non essendo fabbricati in Italia, vengono commercializzati con nomi, immagini, colori e altri elementi che richiamano il Bel Paese. Nel momento in cui la tariffa del 15% non venga assorbita nella fase di produzione ma si dovesse tradurre con un aumento dei prezzi al pubblico, il consumatore meno attento potrebbe preferire una marca che costi meno, un prodotto dai colori italiani ma che italiano non è. Al supermercato, confrontando le offerte, l’eventuale acquirente potrebbe orientarsi dunque su merce non originale.